Gli ombrelloni segnaposto garantiscono una posizione privilegiata sulle spiagge arrivando comodamente a mattinata inoltrata. Sedie, tavolini, sdraio, giochi e altri accessori, tutti legati al proprio ombrellone, a scapito dei regolamenti e degli altri bagnanti. Anche in spiaggia, in molte occasioni, la mancanza di senso civico condiziona la condivisione degli spazi comuni. Quello degli ombrelloni abusivi, fenomeno in costante crescita, rappresenta un problema ormai non trascurabile per il mondo del turismo e per gli stabilimenti balneari.
Occupare un suolo pubblico con oggetti propri per delimitare e riservare delle aree non è affatto consentito dalla legge. Nel caso degli ombrelloni abusivi, la legislazione vigente, infatti, con l’art. 1161 del Codice della Navigazione, sanziona chiunque arbitrariamente occupa uno spazio del demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna, ne impedisce l’uso pubblico o vi fa innovazioni non autorizzate, ovvero non osserva i vincoli cui è assoggettata la proprietà privata nelle zone prossime al demanio marittimo od agli aeroporti. Quindi, chi lascia il proprio ombrellone in spiaggia per impadronirsi di un posto al sole o “in prima fila”, rischia pesanti sanzioni fino a 516 euro, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato. Sanzioni che variano anche a seconda dei regolamenti comunali.
Nonostante le innumerevoli normative, molte persone decidono di agire con arroganza, presunzione ed egoismo trasgredendo qualsiasi tipo di norma. Nei casi più frequenti il problema è scaturito da abitudini errate e da controlli superficiali. Numerosi casi, sfociati spesso in un alterco, sono stati segnalati nel Cilento, in particolare sull’ambita spiaggia di Acciaroli. Nelle prime settimane di agosto, un blitz della Guardia Costiera ha sequestrato ben 700 attrezzature balneari tra i comuni di Pollica e Montecorice. Multe a partire da 200 euro sono state inflitte a chi utilizzava gli ombrelloni come segnaposto. Sui 3270 km di spiagge libere italiane sono scattate decine di blitz da parte delle polizie municipali e delle Capitanerie di porto.
Un problema che in Campania si acuisce per via dell’erosione che sottrae spazio sulle spiagge, e che rende la competizione per il posto ancora più agguerrita. Senza considerare, in merito alla nostra regione, i dati diffusi da Legambiente: le concessioni superano il 67% di occupazione delle spiagge campane. Ciò significa che solo il 33% del litorale è “free”. Le spiagge libere in Campania sono spesso un miraggio e poste vicino a foci dei fiumi, fossi o fognature dove la balneazione è vietata.
Se si decide di usufruire dei servizi messi a disposizione di uno stabilimento balneare, quindi di noleggiare ombrelloni e sdraio, questo avviene esclusivamente dietro pagamento. Ma l’arbitrario divieto o la richiesta di somme di denaro per l’accesso al mare rappresentano a tutti gli effetti un abuso che deve essere segnalato alle autorità competenti. La normativa prevede, inoltre, che gli stabilimenti debbano essere intervallati da spiagge libere, senza che queste vengano relegate a zone meno suggestive o ad aree periferiche del litorale. Infatti, deve esserci un’adeguata proporzione tra le spiagge in concessione e gli arenili direttamente fruibili, le cosiddette spiagge libere.
Peraltro, va ricordato che abbandonare in spiaggia l’attrezzatura significa rinunciare alla proprietà. Ed è il motivo per cui quegli oggetti rappresentano soltanto un segnaposto. Che, nei casi in cui sono stati rimossi dalle autorità competenti, nessuno si è più incaricato di ritirarli per non correre il rischio di incappare in sanzioni. E così i comuni più virtuosi hanno deciso di devolverli in beneficenza.
La soluzione per trascorrere le vacanze tranquillamente è la collaborazione attiva tra bagnanti, proprietari dei lidi e le autorità locali, chiamate ad intervenire al cospetto di eventuali anomalie. Rispettare il senso civico per condividere giornate all’insegna del relax dovrebbe essere nell’interesse di tutti. Affinché ciò avvenga, le istituzioni hanno intrapreso un lavoro sinergico sulla base dell’operazione “Spiagge ed acque libere”, fortemente voluta sull’intero territorio nazionale dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per prevenire e contrastare l’occupazione abusiva dei tratti di spiaggia destinati all’uso pubblico da parte di soggetti che, senza averne titolo, ne hanno fatto un uso personale, trasformandole di fatto in spiagge private, o per fini di lucro utilizzandoli come stabilimenti balneari abusivi.