Una strage silenziosa. Oltre 700 morti, 700 storie spezzate sul posto di lavoro nei primi mesi dell’anno in corso. Lo comunica l’Inail, divulgando i dati provvisori riferiti ai primi otto mesi del 2019, in cui lo stesso istituto registra un lieve calo delle denunce di infortunio sul lavoro ma un numero decisamente elevato dei decessi sul posto di lavoro: dall’inizio dell’anno muoiono in media tre lavoratori al giorno. Le denunce di infortunio presentate all’Inail entro lo scorso mese di agosto sono state 416.894, 1.641 in meno rispetto alle 418.535 dei primi otto mesi del 2018 (-0,4%). A livello nazionale, i dati rilevati al 31 agosto di ciascun anno evidenziano 23 denunce in meno per i casi mortali occorsi “in itinere” (da 215 a 192) e cinque in meno per quelli avvenuti “in occasione di lavoro” (da 498 a 493). Dall’analisi territoriale si osserva una diminuzione delle denunce di infortuni con esito mortale solo nel Nord-Ovest (da 195 a 174) e nel Nord-Est (da 182 a 159). In controtendenza il Centro (da 129 a 141), e le Isole (da 56 a 60). Stabile il Sud, con 151 casi in entrambi i periodi. Si muore di più nelle fabbriche che in agricoltura o per conto dello Stato. L’analisi per classi di età mostra decrementi tra gli under 20 (-5 decessi), nella fascia 25-44 anni (-20) e in quella 55-69 anni (-49), a fronte di due morti in più per i lavoratori tra i 20-24 anni e di 46 in più per quelli tra i 45 e i 54 anni. In aumento, inoltre, le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 41.032, 813 in più rispetto allo stesso periodo del 2018 (+2,0%).
“Non solo gli infortuni sono in aumento, ma sono in aumento soprattutto le morti. Questa è una strage: se uno guarda i dati degli ultimi dieci anni sono diciassettemila le persone che sono morte sul lavoro contando anche quelli morti mentre andavano o tornavano dal lavoro. Sono numeri di una strage. Siccome si continua a morire come si moriva 40/50 anni fa, è chiaro che c’è bisogno di agire”, ha dichiarato il segretario generale della Cgil Maurizio Landini proprio alla vigilia della Giornata per le Vittime degli Incidenti sul Lavoro organizzata dall’Anmil a Palermo.
A livello politico si registra nel frattempo un’attenzione diversa, e va riconosciuto che i nuovi ministri del Lavoro e delle Salute hanno convocato immediatamente un tavolo e avviato una trattativa con le parti sociali sulla sicurezza del lavoro. Ma una certa sensibilità sul tema trova ancora difficoltà a sfociare in una concretezza sul piano normativo. E la discontinuità invocata sembra solo un atto di retorica, soprattutto quando si scopre l’assenza del tema tra i disegni di legge collegati alla Legge di Bilancio. In merito, il governo ha soltanto abbozzato alcuni provvedimenti: il rafforzamento e l’integrazione degli organici ispettivi, investimenti nella formazione, una sorta di patente a punti che incentivi le imprese virtuose. Un punto di partenza ancora insufficiente, che però riesce a toccare uno dei punti cruciali della questione: la negligenza imperdonabile delle lacune ispettive. Ma annunciare interventi e risorse, fino ad oggi ha inaugurato soltanto il tradizionale copione di circostanza della politica. In tre anni e mezzo le risorse destinate alla prevenzione sono state ridotte di mezzo miliardo, le tariffe Inail sono state tagliate, così come i risarcimenti. L’eco dei proclami dura non più di qualche giorno, scompare insieme alle fredde statistiche. E la condizione di migliaia di lavoratori è destinata a rientrare presto nell’indifferenza prescritta dal miope e cinico modus operandi di poteri, aziende e politica, vanificando il sacrificio di chi ha chiuso gli occhi per sempre mentre cercava di sbarcare il lunario.