Il Covid-19 non può assolutamente interrompere le terapie dei pazienti che necessitano di riabilitazione motoria quotidiana. Sia di quelli che ne hanno bisogno per un recupero post traumatico ed operatorio, sia perché impegnati a fronteggiare patologie croniche gravi (che la brusca interruzione dei trattamenti di riabilitazione rischia di far peggiorare ancora di più).
È possibile, però, eseguire una terapia senza toccare il paziente? Sì. E ce lo dimostra Michele Aliberti, fisioterapista salernitano. Che, per ovviare al problema, utilizza un programma di riabilitazione a distanza che consente ai suoi pazienti di proseguire i trattamenti terapeutici. Il tutto con l’ausilio della tecnologia. Entra in scena così una diversa metodica nel campo della riabilitazione che può anche esser utilizzata tanto nella fase 2 quanto una volta tornati alla normalità.
“Noi tutti abbiamo, in questo stop forzato, modificato le abitudini ma soprattutto le modalità di interazione. – spiega il dottor Aliberti – Anche la riabilitazione dovrà mutare per essere più vicina ai pazienti: molto numerosi sono, infatti, gli ammalati che da troppo tempo non ricevono nessun tipo di fisioterapia, con conseguenze irreparabili sullo stato di salute fisico e psicologico di ognuno”.
Cosa può fare il fisioterapista per accompagnare il paziente nel suo percorso di cura e/o di gestione dei sintomi? È presto detto. “La necessità di interagire col paziente può essere sostituita/integrata dalla riabilitazione a distanza o Tele-riabilitazione, che rappresenta una valida strada di uscita momentanea, o anche parallela, dall’emergenza”. Importante specificare che si dovrebbero seguire linee guida generali per non commettere l’errore di avanzare su percorsi autonomi e instabili, sia per il fisioterapista che per il paziente. Inoltre “sarebbe necessario coinvolgere gli enti, pubblici e privati, preposti alla gestione delle prestazioni sanitarie, per renderli consapevoli delle infinite possibilità della riabilitazione a distanza che offre sicurezza al paziente e tutela da contatto interpersonale”. Sì, perché con la riabilitazione a distanza si crea un percorso specifico per ogni paziente, con metodi e tecniche adatte alla relativa patologia.
“Tale approccio, soprattutto, interagisce sulle profonde emozioni del paziente che, in un periodo di quarantena forzata ed inattività psico-fisica, lo rendono ancor più fragile – conclude Aliberti – Si sente accudito, accompagnato, seguito costantemente da un professionista che sa cosa fare per farlo sentire più sicuro, meno solo, soprattutto non abbandonato a se stesso. In pratica si può fare tutto, tranne toccare il paziente fisicamente. Il bisogno di aiuto, di salute che ha il paziente, può essere soddisfatto e colmato nonostante non ci sia interazione fisica. La tecnologia, non più arida e fredda, sostituisce la mano del fisioterapista”.
Insomma, ancora una volta ci pensa la tecnologia ad accorciare le distanze.