Nel discorso d’insediamento del premier Mario Draghi, di natura programmatica, la cosiddetta questione meridionale, associata al fenomeno mafioso e alla persistente necessità di forme sempre più efficaci di contrasto alla criminalità organizzata, non ha trovato spazio al cospetto delle emergenze imposte dalla pandemia. Le comunicazioni sull’agenda di un nuovo Governo non riflettono automaticamente l’operato dello stesso, ma certamente declinare i temi da affrontare aiuta ad inquadrare le priorità dell’azione governativa. L’attenzione rivolta alla lotta alle mafie, seppur viva nel contrasto quotidiano di magistratura, forze dell’ordine, operatori sociali e culturali, appare sbiadita nei programmi e nella narrazione della politica nonostante, come sostenuto da Isaia Sales, la nazionalizzazione delle mafie, cioè il loro vasto radicamento nel Centro-Nord, emerge come il fenomeno politico-criminale più significativo dell’ultimo trentennio.
Il serio rischio che le mafie possano aumentare il proprio business in questa situazione di emergenza si tramuta automaticamente in certezza soltanto prendendo visione delle ultime interdittive della Direzione Investigativa Antimafia, o soffermandosi sull’offerta che la criminalità ha assicurato in alcuni territori alle famiglie in difficoltà, ma anche ai settori economici funzionanti come quello ortofrutticolo, della grande distribuzione agroalimentare o dei rifiuti speciali, in cui investono e che sono ora ancora più strategici. Un allarme dimostrato anche dall’incremento di alcuni reati spia. Nell’anno del Covid si registra un’impennata record del numero di interdittive antimafia: secondo i dati del Ministero dell’Interno nel 2020 sono state 2130, 177 al mese, sei al giorno con un incremento del 38% rispetto il 2019. Il 68% delle interdittive riguardano le regioni del Sud mentre il 24% sono state emanate nel Nord Italia. Le segnalazioni di operazioni sospette (SOS) ricevute dalla UIF (Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia-Banca d’Italia) nel 2020 sono state 113.187, con un aumento del 7 % nel confronto con l’anno precedente.
Ma sul tema, cruciale per il nostro Paese, pesa enormemente la percezione degli italiani. La fotografia sulla percezione e presenza delle mafie e della corruzione nel nostro Paese nell’anno del Covid è stata scattata da Libera che ha raccolto i risultati dell’indagine curata da Demos su un campione di 995 persone intervistati nell’ambito del Rapporto “Il Triangolo pericoloso. Mafie, corruzione e pandemia”. Nel paese emerge la netta consapevolezza sulla diffusione oramai nazionale e, soprattutto, internazionale del fenomeno mafioso. Una mafia meno incline alla violenza rispetto al passato ma dove emerge anzitutto la netta percezione, espressa dalla grande maggioranza degli intervistati, di una mafia sempre maggiormente legata ai professionisti/colletti bianchi (45%), cioè di una crescente parte di tali categorie contigua alle organizzazioni mafiose. Bocciato l’impegno della politica nel contrastare la mafia. E dove è forte la sfiducia soprattutto confronti di membri del governo e del Parlamento e dei partiti. Ben 83% degli intervistati ritiene che i politici nazionali hanno favorito l’espansione delle mafie in Italia, l’81% degli intervistati ritengono colpevoli i partiti politici e i politici locali. Un’Italia dove la corruzione politica si conferma un fenomeno profondamente radicato, nelle percezioni e nelle esperienze dei cittadini. Il 30% degli intervistati ritiene che i fenomeni di corruzione siano più diffusi rispetto all’epoca di tangentopoli mentre un’ampia maggioranza (58%) ritiene l’ammontare di corruzione sia equivalente, dunque capillare e sistemico.
L’indagine sulla percezione di mafie e corruzione durante la pandemia, intesa come un antidoto alla disattenzione e alla “normalizzazione”, si rivela un prezioso strumento conoscitivo. “Di mafie e corruzione- commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera – si parla infatti poco e male, da quando la questione Covid ha monopolizzato la scena. E tutto ciò mentre, nonostante il grande impegno di magistrati, forze di polizia e istituti di vigilanza, mafiosi e corrotti continuano ad agire nell’ombra, provocando e diffondendo mali da tempo intrecciati in un abbraccio mortale. Se è vero dunque che da un lato il Covid ha evidenziato piaghe pregresse come le ingiustizie, le povertà, lo smantellamento dello Stato sociale e della sanità pubblica, è anche vero che, passata l’emergenza sanitaria, rischiamo di trovarci con altri problemi ingigantiti perché meno oggetto d’attenzione pubblica e politica”.
L’indagine di Libera.
Mafie. I risultati dell’indagine mostrano che ben il 55% degli intervistati valuta negativamente le politiche dello Stato per contrastare la mafia, mentre “l’impegno della politica per contrastare la mafia” è valutato negativamente per il 60% degli intervistati. Una larga maggioranza degli intervistati (66%) valuta positivamente il 41 bis l’impiego del carcere di isolamento per i mafiosi. L’83% degli intervistati ritengono che i politici nazionali hanno favorito l’ espansione delle mafie, segue con 81% i politici locali e i partiti mentre per il 68% degli intervistati ritengono le banche responsabili dell’espansione delle mafie. I settori dove la mafia è più attiva per il 43% degli intervistati riguardano gli ecoreati, in particolare la gestione dei rifiuti, al secondo posto dopo i traffici di droga( 63%). Ma se includiamo in questa analisi l’altra filiera principale dell’ecomafia, quella del ciclo illegale del cemento, a quel 43% si deve sommare anche il 20% di chi indica l’edilizia come uno dei settori privilegiati dalle organizzazioni mafiose. La risposta del campione intervistato al quesito “secondo lei la mafia oggi rispetto al passato è più o meno legata ai professionisti e colletti bianchi” offre non pochi spunti di riflessione. Emerge anzitutto la netta percezione, espressa dalla grande maggioranza degli intervistati, di una mafia sempre maggiormente legata ai professionisti/colletti bianchi. Appena il 10% del totale pensa che le cose vadano meglio rispetto al passato, cioè che la mafia sia meno legata di prima ai colletti bianchi, mentre la maggioranza (45%) ritiene che lo sia maggiormente e la restante parte (39%) in misura uguale rispetto al passato.
Corruzione. Per 81% degli intervistati ‘la corruzione in politica è lo specchio della società italiana’. Opinione prevalente del Nord Est (83%) e del Sud/isole (84%). Si tratta in prevalenza di persone che si collocano nel centro destra, con un picco di preferenze per la Lega (95%). Un’altra larga fetta dichiara di votare il Movimento 5 stelle (88%). Il 71% degli intervistati ritengono che con ‘l’emergenza Covid-19 la corruzione in Italia si sta diffondendo ancora di più’. Un’altra domanda del sondaggio Demos – Libera chiedeva agli intervistati di localizzare dove fosse maggiormente diffusa la corruzione, tra nove possibili attività, scegliendo tra ‘molto diffusa’ e ‘riguarda solo casi isolati’. In questo caso la prevalenza delle grandi opere è netta e arriva all’85%. La domanda nella quale si fa menzione della sanità, nel novero dei servizi, totalizza il 65% di risposte “molto diffusa”. Si nota una distinzione tra politica nazionale, considerata più assoggettabile allo scambio corruttivo (74%) e quella locale, considerata meno suscettibile (62%). Alla domanda “secondo lei oggi, rispetto all’epoca di tangentopoli, la corruzione è diffusa meno/allo stesso modo/di più?”. Comparando la situazione odierna con quello che rimane un termine di riferimento unico ed estremo – nessuna democrazia moderna ha mai conosciuto uno scandalo dell’ampiezza di tangentopoli – dominano sfiducia e disincanto: il triplo di chi legge un miglioramento ritiene invece che i fenomeni di corruzione siano più diffusi di allora (30% contro il 10%).
Pandemia e Recovery Found. Alla domanda posta da Demos-Libera che chiedeva in quali settori investire i fondi europei gli italiani non hanno esitazioni. La grande maggioranza, 75%, indica la Sanità. Del resto, in tempi cui la curva pandemica segna ancora traiettorie preoccupanti la salute diventa la questione principale. Angoscia un po’ tutti i cittadini (anche se in misura maggiore le donne e gli abitanti del meridione). Segue la Scuola, che non assume la rilevanza della Sanità, ma, testimonia quanto la formazione venga considerata importante dagli italiani, tanto da essere indicata da oltre un intervistato su tre (35%). Al terzo posto si colloca il mondo dell’Università e della Ricerca (26%), che viene valorizzata dai più giovani (18-34 anni: 35%). Fra le istituzioni che, secondo i rispondenti, possono favorire maggiormente la ripresa economica del paese troviamo praticamente a pari merito le imprese e il governo (38%), seguite da università e ricerca(30%.) Significativa la minore considerazione delle amministrazioni locali. In fondo alla lista i partiti politici e i sindacati. Oltre il 70% dei cittadini intervistati ritiene che, spinta dall’emergenza Covid, mafie e corruzione in Italia si stiano diffondendo ancora di più. In particolare la mafia aumenta la sua presenza. E il suo potere.