Una frattura profonda tormenta un movimento in caduta libera. La questione relativa alle alleanze per le regionali scuote dalle fondamenta un sistema vulnerabile che il potere, le sconfitte e il calo inesorabile di consensi, hanno reso sempre più farraginoso. Il Movimento è in preda al caos, come testimonia l’assemblea infuocata tenutasi all’Hotel Ramada di Napoli. Punto all’ordine del giorno, l’eventuale apparentamento in Campania con il Pd. 450 partecipanti, 153 brevi interventi e un primo momento in cui sembra prevalere lo stato di accusa nei confronti dei parlamentari, colpevoli, secondo gli attivisti, di voler imporre un’alleanza con il Partito Democratico in Campania, addirittura appoggiando la ri-candidatura dell’arcinemico, il governatore Vincenzo De Luca. Sono parole di fuoco, quelle che si susseguono in sala: “Siamo stanchi di difendervi, dovete ascoltarci, non vi permetteremo di ridicolizzarci”. “Sistema clientelare di De Luca o la destra con la Lega, cosa cambia?”. A guidare la rivolta nei confronti del gruppo parlamentare campano, in maggioranza favorevole all’intesa elettorale con il centrosinistra, è la capogruppo in Regione Valeria Ciarambino: “La scelta non ci può essere imposta dai piani alti. Se si dovesse votare su Rousseau per l’alleanza, chiederemo che a votare siano solo i campani”. Tra gli attivisti, però, circolano sospetti sull’esito di un eventuale voto sulla piattaforma. Si teme un intervento dai piani alti per non sacrificare l’intesa con il Pd sull’altare del malumore.
Il dissenso è palpabile, i mugugni accompagnano i pochi interventi a favore dell’alleanza con il Pd. Il Presidente della Camera, Roberto Fico, ascolta silenziosamente, poi invita al senso di responsabilità: “Al governo abbiamo capito che o vai all’opposizione a vita o ti devi alleare. Se non ci apriamo, a maggio in Regione avremo la stessa foto di sempre: De Luca o Caldoro. Ho sentito dire – prosegue la terza carica dello Stato – che siamo anti-sistema e sono d’accordo in principio. Ma ormai siamo al governo, gestiamo le nomine nelle partecipate di Stato. Siamo parte del sistema”. Il messaggio di Fico è chiaro: voi preferite la comodità dell’opposizione ma è dall’interno che si cambia il sistema e noi ci siamo dentro.
Sulla Campania, ossia la regione in cui la dialettica tra il governatore Pd e il Movimento 5 stelle ha assunto più che in ogni altra latitudine i toni ruvidi di uno scontro, si stanno concentrando le attenzioni dei vertici nazionali del Pd: un’alleanza è considerata cruciale e se la trattativa di scalzare il presidente uscente a beneficio di Sergio Costa si è rivelata infruttuosa, soprattutto considerando il radicamento territoriale della truppa deluchiana, allora provare ad attrarre i Cinque Stelle, ai minimi storici dai tempi del VaffaDay, è il tentativo da mettere in atto per salvare capra e cavoli. Una soluzione che consentirebbe a De Luca di mantenere la leadership in Regione, a Zingaretti di attuare il suo piano di apertura e di rendere ben più strutturale l’alleanza con i pentastellati su base nazionale, e ai Cinque Stelle di evitare un nuovo, mortifero, precipizio elettorale. Perché l’attuale scenario politico in Italia ha prodotto un bipolarismo figlio di una polarizzazione spinta e frutto delle esasperazioni sovraniste e di una sinistra che prova a offrire una visione della società alternativa, in cui difficilmente il M5s, inquinato da prove di governo spesso dilettantistiche, riuscirà ad aprirsi varchi.
Ma i segnali d’apertura non sono bastati. Nel Movimento campano gli attivisti osteggiano l’accordo, la base, stando agli umori e a qualche sondaggio interno, è spaccata in due e i parlamentari, accusati di essersi allontanati dal territorio, si ritrovano stretti tra le due posizioni. “Per me il punto davvero importante è aver ascoltato tutti, e questo prescinde un po’ dall’idea di costruire un percorso nuovo in Campania”, ha detto Fico al termine dell’assemblea, ribadendo che ora “i facilitatori regionali porteranno a Vito Crimi queste opinioni e si deciderà”. L’eterno dilemma tra partito di governo o di opposizione riporta inevitabilmente all’antico dibattito in seno alla sinistra radicale fino a un decennio fa. Una prospettiva non certo entusiasmante.