Lo spreco dell’acqua, in particolare nelle regioni meridionali, è sempre troppo elevato: al Nord mediamente le perdite idriche si attestano intorno al 28%, al Sud superano il 47%, con picchi del 60% in alcuni capoluoghi siciliani e campani. Lo rivela un Report curato da SVIMEZ con il supporto di Utilitalia, che fa notare come, a fronte degli evidenti divari di qualità riscontrati, le tariffe mediamente non sono così difformi sul territorio nazionale: anzi, in alcune aree del Mezzogiorno sono perfino sensibilmente superiori rispetto a quelle del Nord, dove una parte dell’efficientamento del servizio si è riflessa in minori costi del servizio stesso oltre che nell’incremento della qualità. Secondo il Report, appena il 7% delle famiglie del Nord è poco o per niente soddisfatto del servizio, contro il 21% delle famiglie del Mezzogiorno, con una punta del 36% in Calabria. Rispetto a un investimento medio degli altri Paesi europei di 90 euro per abitante, l’Italia ha investito molto meno, circa 39 euro (dati 2017).
Gli investimenti nel Mezzogiorno si attestano a meno, circa 26 euro, rispetto ai 39 del Centro-Nord. Per di più, nelle gestioni comunali in economia, significative in molte Regioni meridionali, l’investimento medio (2015-2016) scende tra i 4 ed i 7 euro per abitante. Per riequilibrare il divario di investimenti tra Nord e Sud, in base alla clausola del 34%, per la quale si è battuta a lungo la SVIMEZ e che è ormai legge, occorrerebbe un finanziamento aggiuntivo di quasi 3 miliardi da destinare alle imprese meridionali. Se, poi, si volesse riequilibrare in termini pro-capite il valore cumulato degli investimenti realizzati a partire
dall’anno 2000, la misura di tale compensazione sfiorerebbe i 4 miliardi, con impatti maggiori in Sicilia, Campania e Calabria. Sotto il profilo occupazionale, nel periodo di realizzazione degli investimenti, i posti di lavoro aumenterebbero di quasi 45mila unità, in gran parte, circa 40mila, concentrate nel Mezzogiorno, ma con una consistenza non trascurabile anche nel Centro-Nord (circa 5mila).
Secondo SVIMEZ, l’aver mantenuto in capo ai Comuni la gestione diretta del servizio idrico integrato nel Mezzogiorno, disapplicando sistematicamente la legge Galli, ha generato i ritardi rispetto al Nord. Nelle regioni dove la resistenza dei Comuni è stata maggiore nel cedere gli impianti a un gestore industriale, vi sono livelli più bassi d’investimenti e peggior qualità del servizio coniugata a tariffe più alte, proprio là dove le condizioni finanziarie e reddituali delle famiglie, in particolare al Sud, sono più precarie. La lievitazione dei costi, sommata alla mancata crescita delle tariffe, o alle blande riscossioni delle tariffe
stesse pur se adeguate, rende insostenibile la resistenza dei Comuni.