Il 2020 è stato l’anno terribile nell’Italia del doppio divario Italia/Europa, Sud/Nord. La recessione da Covid si è abbattuta su un’economia nazionale collocata fin dall’inizio del nuovo millennio su un sentiero di progressivo allontanamento dalle più dinamiche economie europee e che nel 2019 non aveva ancora completato, unico caso tra i grandi paesi europei, il suo percorso di recupero dalla lunga crisi 2008-2014. Il Rapporto SVIMEZ 2021, fresco di pubblicazione, sull’economia e la società del Mezzogiorno analizza le ricadute economiche e sociali della pandemia nella nuova geografia dei divari territoriali europei e italiani e offre una prima valutazione sulla partecipazione delle diverse aree del Paese alla ripartenza dell’economia nazionale.
Il Rapporto in particolare evidenzia le debolezze strutturali del Sistema Paese amplificate dalla crisi da Covid-19 che soprattutto nel Mezzogiorno sviliscono le condizioni di vita delle famiglie e le opportunità di crescita delle imprese.
All’arrivo della pandemia il Pil del Mezzogiorno era ancora sotto di oltre 10 punti rispetto al 2008 e il Centro-Nord era spaccato tra un Nord locomotiva ormai stanca e un Centro sempre più in linea con il Mezzogiorno (-6% rispetto al 2008). In Italia la caduta del Pil nel 2020 è stata di quasi 3 punti superiore alla media europea (-8,9% contro il -6,1%), anche in virtù della maggiore rilevanza di alcuni comparti, come il terziario, legati al turismo, alla cultura e ai servizi alla persona. Secondo le previsioni fornite dallo SVIMEZ, nel 2021 il Pil del Centro-Nord si attesterà a +6,8% mentre nel Sud crescerà del 5%. Il rimbalzo ci sarà per l’intero territorio italiano, ma con il Mezzogiorno che resta comunque, pur in un quadro generalizzato di ripresa economica, meno reattivo e pronto a rispondere agli stimoli.
Al Sud la debolezza dei consumi è conseguente alla dinamica salariale piatta (15,3% di dipendenti con bassa paga nelle regioni meridionali rispetto a 8,4% in quelle centro settentrionali), al basso tasso di occupazione e all’eccessiva flessibilità del mercato del lavoro meridionale con il ricorso al tempo determinato per quasi 920 mila lavoratori meridionali (22,3% al Sud rispetto al 15,1% al Centro-Nord) e al part time involontario (79,9% al Sud contro 59,3% al Centro-Nord), frenerebbe la crescita. La SVIMEZ stima che, dopo lo sblocco dei primi licenziamenti da fine giugno, ci siano stati circa 10.000 espulsi dal
mercato del lavoro, di cui il 46% concentrato nelle regioni meridionali. La mancata crescita è determinata dall’insufficienza dinamica dei redditi da lavoro. Una “questione salariale” dove il basso tasso di occupazione, che non ha ancora recuperato le perdite delle precedenti crisi, insieme ad una eccessiva precarizzazione del mercato del lavoro determinano una dinamica salariale maggiormente piatta rispetto a quella sperimentata dal resto del Paese, già deludente nel confronto internazionale, con effetti depressivi sulla dinamica dei consumi.
Nel 2020, anche a causa della pandemia, la povertà assoluta è aumentata sia per le famiglie sia per gli individui. Sono oltre 2 milioni le famiglie italiane povere, per un totale di più di 5,6 milioni di persone. Di cui oltre 775.000 nelle regioni meridionali per circa 2,3 milioni di persone. Il Mezzogiorno si conferma la ripartizione territoriale in cui la povertà assoluta è più elevata con un’incidenza del 9,4% fra le famiglie (era l’8,6% nel 2019). La presenza di minori incide in misura significativa sulla condizione di povertà: nel Mezzogiorno il 13,2% delle famiglie in cui è presente almeno un figlio minore sono povere, contro l’11,5% della media nazionale.
Nell’anno della pandemia i nuclei familiari che hanno percepito almeno una mensilità di Reddito di cittadinanza (RdC) o Pensione di cittadinanza (PdC) sono più di 1,5 milioni, corrispondenti a quasi 3,7 milioni di persone (con un’entrata mensile pari, mediamente, a 530 euro). Il 59,8% delle famiglie che hanno percepito il beneficio sono residenti nel Mezzogiorno, oltre il 37% risiedono in Campania e Sicilia. Con l’introduzione del RdC anche l’Italia si è dotata di una politica nazionale di contrasto alla povertà: con una accelerazione senza precedenti nel giro di due anni, prima con il Rei e poi con l’RdC, è stato colmato un vuoto più che decennale.