In via Allende è rimasta vuota una sedia, in tribuna lo stesso: il segno di un addio.
Finisce l’era Lotito-Mezzaroma anzi finisce l’era di Lotito-Mezzaroma-Fabiani.
Finisce l’era dei trenini di giubilo rivolti al Mega Direttore, della mancanza totale di accettazione di un punto di vista critico che non vedesse in Fabiani un’opera inappuntabile e priva di qualsiasi contestazione. Eppure il vaso di Pandora non è che andasse scoperchiato del tutto, bastava sbirciarci dentro solo un po’, per vedere: la totale mancanza di progettualità con acquisti di prospettiva, triennali offerti a giocatori sulla via del tramonto, rescissioni utilizzate come uniche vie di fuga per potersi liberare dagli stipendi ingombranti dell’innumerevole lista di calciatori acquistati rivelatasi un flop; ad esempio, basti pensare a coloro acquistati nelle prime fasi di calciomercato per poi essere ceduti: i vari Frison, Fall, Cavion. Già citati in un precedente pezzo: ripetita iuvant.
Eppure non è solo un fallimento tecnico, molte volte salvato da allenatori a cui è stato dato il ben servito senza troppi convenevoli (Menichini, Castori docet) a spiegare l’insofferenza generata nella piazza, c’è altro: la presenza in 8 anni di una fila di yes-men provenienti da una parte della stampa che supportasse ogni scelta del Ds, avallando qualsiasi decisione e cosa più indecorosa, gli yes-men potessero riscontrarsi anche in una minoranza della tifoseria: con targhe ricordo e cori di ossequio. Per quest’ultimi sarebbe il caso di domandarsi se il sostegno fosse per il ds o per i colori granata: ai posteri l’ardua sentenza.
Infine la decade lotitiana: una letteratura non basterebbe per comprendere quanto le vittorie sul campo in fondo, siano state vanificate da un modus operandi che ha reso questi 10 anni una delle fasi più nere della nostra Storia.
C’è un mantra sentito di anno in anno: “la multiproprietà è un falso problema.” Quanto sia stata menzognera questa asserzione l’avremmo capita subendola nel corso degli anni.
Passare dalla D alla A in questi due lustri non è stato sinonimo di progetto, tutt’altro: una serie di campionati vinti a volte con corse al mercato di riparazione e una sfilza di allenatori (tra questi è capitato di vedere subentrare di nuovo gli allenatori allontanati in precedenza, Perrone e Menichini ad esempio) con una costruzione e ricostruzione che nulla avesse a che fare con la continuità. Basti pensare all’idea del settore giovanile: accantonata dalla genesi, per dare spazio e manovra agli arrivi della primavera della casa madre Lazio.
E questa precondizione di essere la seconda creatura di Lotito è in fondo stata significativa in un rapporto sempre più logoro, distante, insofferente: dalle sue pose di tracotanza, di sminuimento della storia granata, alle offese alla piazza per la poca affluenza, già in C, rispetto ai suoi investimenti e potremmo continuare all’infinito senonché tra i tanti episodi ci siano due a rimanermi impressi nella mia memoria: l’aggressione verbale in sala stampa post Salernitana-Viareggio alla giornalista Francesca De Simone di un’orrida e immonda vergogna; l’intervista ai microfoni di Telecolore nel post promozione in B del 2015 dove lo stesso Lotito ripeté quanto fosse impossibile l’evento in cui potesse ritrovarsi presidente di Salernitana e Lazio con entrambe in serie A; così come poco prima di rispondere, chi lo intervistasse incalzò su come il calcio italiano in un momento di crisi dovesse incentivare le multiproprietà. La storia di come sia andata poi la sanno anche i muri: una vendita non diretta dopo la promozione della Salernitana in serie A, bensì arrivando di proroga in proroga al termine della scadenza del 31 Dicembre del 2021, attraverso l’organo dei trustee sia stata concretizzata poi per l’acquisto di 10 Milioni di Euro da parte di Iervolino. Lontana dall’abnorme richiesta di 80 milioni paventati da Lotito: chi troppo vuole nulla stringe
L’ho detto però, ci vorrebbe una letteratura ad hoc: per segnare le offese di Lotito e di chi ha fatto parte della sua dirigenza, sottolineando anche una certa stampa che ha dimostrato di essere morbida nei suoi confronti, troppo.
La conferenza stampa di Iervolino ha colpito per vari aspetti, uno su tutti: l’idea di un progetto che ci veda protagonisti, con parole che portassero rispetto nei confronti della tifoseria.
Quello che si è avuto in termini di comunicazione con la presentazione del nuovo presidente, non l’avevamo mai visto. L’euforia e l’entusiasmo ritornati a manifestarsi a Salerno, sono la consapevolezza che l’acquisto da parte di Iervolino ci porti al centro, appunto, di un progetto e non più subordinati al mercato e all’andamento della squadra principale come successo con la multiproprietà. A testimonianza di ciò l’arrivo di uno dei migliori Ds sulla piazza: Walter Sabatini.
Le sedie lasciate vuote sono pronte ad essere occupate.
Il Fato però sa essere ironico nelle sue trame: sabato il primo match della nuova gestione societaria sarà contro la Lazio.
E forse il Destino ha un timing invidiabile: ci saranno due presidenti, uno della Salernitana e l’altro della Lazio, come un puzzle che prenda forma, dove ogni tassello si incaselli ad incastro con un altro: nessuno fuori posto. È passato un decennio e ogni cosa sembra essere ritornata al proprio posto: Lotito presidente della Lazio e senza più un proprio satellite di cui fosse solo mero proprietario; i tifosi della Salernitana finalmente di nuovo pronti a sostenere una squadra indipendente dagli andamenti e dalle mire di un presidente esterno. Attenzione però ciò non significare archiviare la storia: per un motivo di carattere nazionale affinché si verifichi una normalizzazione come accadrà a Bari e Mantova con il decadimento della multiproprietà che conoscerà il suo termine naturale entro il 2024; infine perché dovrà essere da monito per il futuro della storia della Salernitana.
Se poi il Fato dovesse essere ironico fino in fondo ribaltando i valori in campo, sabato non dovremmo preoccuparci di nulla: saremmo felici di esultare senza dover chiedere scusa a nessuno di una clamorosa e quanto improbabile vittoria. Né alla Mezza Roma celeste né a chicchessia
E se dovesse andare male sabato, rispettando i valori in campo delle differenti compagini saremmo tornati di nuovo ad apprezzare un sentimento da troppo tempo ormai sopito; tifare Salernitana senza più preoccuparsi di dichiarazioni, decisioni, prese di posizioni ed azioni di chi Presidente della Salernitana non si sia mai sentito se non al massimo Proprietario: la libertà è in fondo un sentimento che di questi tempi ha un valore immenso. Dunque, ognuno al proprio posto nell’attesa di prendere parte ad una nuova Era.