Imprese del Sud in sofferenza e a rischio usura

Sono poco meno di 176.400 le imprese italiane che si trovano in sofferenza: tra queste una su tre è ubicata al Sud. Roma, Napoli, Milano e Torino sono le realtà territoriali maggiormente in difficoltà. Parliamo di società non finanziarie e famiglie produttrici che sono state segnalate come insolventi dagli intermediari finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. Una “bollinatura” che, per legge, non consente a queste aziende di accedere ad alcun prestito erogato dal canale finanziario legale. Pertanto, non potendo beneficiare di liquidità, rischiano, molto più delle altre, di chiudere o di scivolare tra le braccia degli usurai.

Analizzando i dati per ripartizione territoriale ci si accorge che l’area più a “rischio” è il Sud: qui si contano 57.992 aziende in sofferenza (pari al 32,9 per cento del totale), seguono il Centro con 44.854 imprese (25,4 per cento del totale), il Nordovest con 43.457 (24,6 per cento del totale) e infine il Nordest con 30.070 (17 per cento del totale). Sebbene con le sole denunce effettuate all’Autorità giudiziaria non sia possibile dimensionare con precisione il fenomeno dell’usura, dopo la forte contrazione registrata tra il 2016 e il 2018, successivamente le stesse sono tornate a crescere. Ancorché il numero assoluto sia molto inferiore delle punte registrate nella prima parte del decennio scorso, secondo il Ministero dell’Interno nel 2020, annus horribilis dovuto alla pandemia, le denunce sono salite a 222 (+16,2 per cento rispetto al 2019). Va altresì segnalato che l’anno scorso tra tutti i reati contro il patrimonio, le denunce per usura e le truffe, in particolar modo quelle informatiche, sono state le uniche a registrare una variazione positiva.

Da sempre le scadenze fiscali fungono da ”innesco”, spingendo molte piccole aziende in difficoltà economica a “contattare” usurai od organizzazioni criminali per acquisire la liquidità necessaria per
onorare questi impegni. Quest’anno, poi, il mese di settembre è in assoluto il più ricco di scadenze fiscali, anche perché riprende l’attività di riscossione e notifica di nuove cartelle esattoriali da parte dell’Agenzia delle Entrate. Ricordiamo, inoltre, che entro il 15 e il 16 settembre scorsi le imprese (soggette agli ISA, ovvero agli ex studi di settore) dovevano pagare l’Irpef, l’Ires, l’Irap e l’ Iva. Lunedì prossimo, invece, sarà l’ultimo giorno utile per il ravvedimento breve e il 30 settembre è prevista la scadenza per il versamento delle rate della rottamazione-ter e del saldo e stralcio scadute il 31 luglio 2020. Un vero e proprio tour de force che potrebbe mettere in seria difficoltà la tenuta finanziaria di tantissime attività che, tradizionalmente, sono a corto di liquidità. Soprattutto in questa fase economica così delicata.

Riproduzione riservata ©