Un pensiero si insinua dentro di me, ad inizio campionato: quei desideri fatui, che si sciolgono come neve al sole.
“Se vincessimo a Roma contro la Lazio? Un 2 fisso da giocarsi contro qualsiasi pronostico”
Svelai questo desiderio sportivo ad un amico di gradinate, lui ridendo di gusto mi rispose di non omaggiare goffamente la celeberrima sequenza di “Tre Uomini e una gamba” dove Giovanni chiede ad Aldo: “Tu hai mai rischiato nella vita?” e lui risponde: “Una sola volta ho messo Inter-Cagliari, 2 fisso”.
L’autunno travestito da estate riduce il tempo di quelle impressioni di settembre, la partita arriva, bruciando tutte le attese. L’indegna gestione dei biglietti di Lazio-Salernitana, vede solo 500 biglietti per la tifoseria granata che in condizioni normali avrebbe dato vita ad un esodo come quello dello scorso anno. C’è da chiedersi come sia possibile che nella Capitale non si riesca a gestire un flusso più importante: l’incapacità degli organi preposti alla gestione dell’ordine pubblico, fa pensare seriamente alla difficoltà di poter organizzare eventi che vadano oltre i confini dello Stivale. La tifoseria, alla lotteria di chi possa presenziare alla trasferte, rinuncia disertando l’Olimpico. Saranno poche centinaia di persone ad acquistare il biglietto.
Alle disquisizioni tecniche da centellinare: profuse sul modulo, l’assetto tattico, la prova dei ragazzi, la lettura in corso d’opera da parte di Nicola; questa penna oggi pende ad “osservare” una dicotomia che si evidenzia sui gradoni: presenza e assenza.
Il Presidente della Lazio, ex proprietario della Salernitana è lì seduto in tribuna ad osservare la sua squadra e quell’altra: quella che prese quando i palloni a Salerno non c’erano, come soleva dire. Lo stesso che poneva nella multiproprietà un falso problema, rischiando di farci cadere nell’oblio in quella funesta e umiliante fase finale della sua era dettata dal trustee.
E mai come questa sera non avrà nemmeno la noia di quei tifosi nel settore ospiti pronti a sbeffeggiarlo dedicandogli qualche coro. Al gol di Zaccagni, il mio telefono riceve un messaggio, quello di quell’amico di cui vi accennavo all’inizio: “ Sei ancora sicuro di vincere?”. Non rispondo perché in fondo la tensione detta i tempi dei miei gesti; così al 51’ Mazzocchi lancia Candreva nei pressi dell’aria avversaria, proprio l’ex centrocampista della Lazio con un pallonetto perfetto riesce a superare Provedel pareggiando i conti. Uno sgarro, almeno lo abbiamo fatto, penso: sarà dura e difficile ma siamo vivi.
Tuttavia, al 69’ prendono forma e sostanza scenari fino a quel momento difficili da ipotizzare: Candreva effettua un traversone in area il pallone rimane lì e Fazio spedisce il pallone in rete. È il vantaggio dei granata. Il sarcasmo vuole che sia proprio “Il Comandante” ex Roma a colpire.
Accade che le telecamere di Dazn inquadrino, subito dopo la discussa e discutibile ammonizione ai danni di Milinkovic-Savic, il patron laziale: sbigottito, incredulo, privo di quella boria, di quella supponenza che da proprietario della Salernitana era arma da sfociare contro i tifosi rei di avere “vizi da generale e paga da soldato”, rei di avere ambizioni superiori alla storia della propria squadra, rei di non ricambiare con la presenza allo stadio i sacrifici societari. Immagino che boato si sarebbe sentito qualora la presenza completa dei tifosi granata si fosse concretizzata.
Bastano 8 minuti per rendere il successo realtà: Piątek dopo un rimpallo vinto lascia il pallone a Coulibaly che a sua volta apre a Bradaric che corre sulla corsia sinistra e taglia in mezzo dove Dia si fa trovare pronto: contropiede perfetto è il terzo gol per la Salernitana, è 1-3. Il risultato che si protrarrà fino alla fine del match. Prendo il cellulare e rispondo a quel messaggio arrivatomi dopo il vantaggio laziale:
”tu hai mai rischiato nella vita?”. La contro risposta: “una sola volta ho messo Lazio-Salernitana, 2 fisso”. Quello spicchio assente all’Olimpico, sta preparando una grande festa al ritorno dei granata in città: in notte fonda il pullman della Salernitana è accolto al Mary Rose, con fumogeni, bandiere e un entusiasmo irrefrenabile.
Una squadra capace di compiere l’impresa perfetta: un centrocampo capace di ritrovare equilibrio, integrando Bradaric che insieme a Mazzocchi sono stati le armi vincenti sulle fasce; spine nel fianco della squadra capitolina. Un gruppo che si sta consolidando e sta legando il suo cammino ai sogni di un intero popolo. Qualcuno stasera a livello nazionale storcerà il naso pensando ad un’esultanza spropositata al Mary Rose rispetto al suo effettivo valore; il suo valore va ben oltre il prestigio di una vittoria fuori casa, in uno stadio come l’Olimpico. Il suo valore acquisisce un significato di rivalsa verso chi in 10 anni da proprietario dimenticò il rispetto verso quella piazza che per lui fu nient’altro che un satellite: questo va ben al di là di categorie e risultati in campo. Una vendetta servita fredda ed indigesta, un conto salato: quei palloni che mancavano a Salerno sono stati riconsegnati con gli interessi. Un ciclo che si chiude.
Omnia cum tempore, giusto Senatò?