Chissà che la pandemia non ci restituisca i ragazzi di una volta. Quelli che hanno voglia di stare per la strada con i propri amici, magari seduti sul classico muretto, con il motorino parcheggiato lì alla bell’e meglio e i giubbotti poggiati di fianco per la bella giornata di sole che illumina i loro volti.
In un’indagine condotta da Ipsos per Save the Children, il 46% degli adolescenti intervistati definisce il 2020 un “anno sprecato”. I ragazzi hanno riscoperto il valore della relazione “dal vivo” con i coetanei: l’85% afferma di aver capito quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi “in presenza”. Tra le “privazioni” che hanno sofferto di più c’è anche quella di non aver potuto vivere esperienze sentimentali importanti per la loro età.
Nel tempo dell’emergenza hikikomori di cui ho parlato qualche tempo fa in un articolo pubblicato su PaperBoy, fa da vero contraltare il tema sollevato dall’indagine di Save the Children.
Spunta fuori un’immagine così romantica dei nostri ragazzi, che pensavamo di aver completamente persa dietro il bluastro schermo di uno smartphone. Un’intera generazione schiava dei social e del turbinio della condivisione, nell’eterna attesa di un “like” che desse senso alla propria esistenza, scopre la bellezza e la meraviglia del trovarsi di fronte un essere in carne ed ossa e non un’immagine, di vivere e toccare con mano il mondo circostante senza i filtri di Instagram, scopre la mancanza di rapportarsi con l’altro sesso guardandosi negli occhi e non attraverso le emoji di Whatsapp o di Telegram.
Se fosse così, sarebbe una vera notizia. Soprattutto perché rappresenterebbe un segnale importantissimo che i nostri ragazzi danno al mondo degli adulti, i quali sarebbero (e sono) i veri responsabili della costruzione di un mondo virtuale, nato per dare maggiori opportunità di comunicazione a tutti noi, ma che si è trasformato in un grande boomerang, non solo per la pressante narcosi cui lo schermo sottopone le nostre menti.
Invenzioni adulte per un mondo giovane, del quale però, proprio nel momento in cui il web e i suoi contorni rappresentano l’unico mezzo di contatto con il mondo e dovrebbero godere di maggior forza, i suoi rappresentanti ci danno un’enorme lezione, che fa il paio con le manifestazioni pro scuola, soprattutto quelle degli adolescenti, perché su quelle dei più piccoli ci sarebbe tanto da dire.
Dovremmo tutti tener presente questo importantissimo segnale nelle nostre considerazioni sul mondo giovanile, fatta salva l’inevitabile differenza generazionale, che sembra però scomparire considerando modalità e tempi di utilizzo dei social da parte degli adulti, i quali hanno la pretesa di considerare le loro foto al ristorante più importanti e pregne di cultura dei video su TikTok di un sedicenne. Non meraviglia, ma colpisce, che i ragazzi abbiamo piena contezza di quanto questo periodo stia incidendo sulla loro crescita.
Dalla totale chiusura dello scorso anno fino alle attuali colorazioni regionali un bel pezzo di vita dei nostri ragazzi si è allontanato da loro definitivamente. Stare insieme, confrontarsi, ridere, piangere, abbracciarsi, oppure andare ad un concerto e divertirsi, gridando e ballando come matti. Quanto abbiano inciso queste mancanze non ci è dato ancora saperlo, ma soprattutto preoccupa così tanto il non sapere quando tutto ricomincerà.
Sono tanti gli studi o le semplici considerazioni degli esperti in materia su questo periodo storico e sull’impatto che avrà su ragazzi e giovani e sarebbe molto interessante chiedere alla politica, in particolare al nuovo governo appena insediatosi, quale sia la considerazione dei nostri ragazzi e quali politiche di prospettiva per loro e per il loro futuro si abbia idea di mettere in campo.
Anche le decisioni prese sulla scuola in questi mesi ci hanno lasciati a dir poco interdetti. Senza emettere sentenza sulla giustezza delle stesse, mi sento di dire però che si sia giocato un po’ troppo con aperture e chiusure e si sia commesso l’errore più grande che si possa fare nei confronti di un ragazzo: mostrarsi indecisi e titubanti, senza una reale consapevolezza di ciò che stava accadendo.
Ecco, partendo da questa considerazione, sarebbe un bel segnale concentrarsi su una visione più ampia del mondo giovanile e ascoltarlo meglio per costruire qualcosa di davvero importante. A tal proposito mi viene da pensare che non sarebbe stato affatto male che al tavolo con il nuovo presidente del consiglio ci fosse stato qualche “under”, quantomeno avrebbe portato alla parola “green”, così in voga negli ultimi giorni tanto da condizionare la nascita del nuovo governo, un vero e profondo significato che, invece, stride così tanto sulla bocca di qualche “vecchietto” della politica.