Surreale apnea del giorno ormai comune, un primato di dolore raggiunto. A cosa assistiamo in queste settimane? Città presidiate dalle forze dell’ordine, accorati discorsi alla Nazione, borse in mortifera flessione, manipoli di strafottenti che bivaccano al sole, orde di vedette – “fotocamera-munite” – alla veranda, torpedoni della morte che accompagnano le salme laddove c’è più spazio per tumulare.
Fotogrammi di un’Italia a più velocità, mai stata unita. Sempre pronta alla contesa, affamata e affamatrice nelle sue molteplici apparenze. Veleno e violenza: un tempo le molotov, oggi le “gif”. Un’Italia che si riunisce al balcone nel tardo pomeriggio, per dare sfoggio agli allegri karaoke digrignati a denti stretti, nel mentre si sguinzagliano giustizialisti a frotte. Non esistono mezze misure, la differenza fra sanzione e impiccagione la delimita il tasto “enter” della tastiera. Così, al mattino, sul gruppo Whatsapp della famiglia abbondano ammiccanti i Padre Pio e i Gesù misericordiosi, al pomeriggio compaiono accigliati i Mussolini bardati dal glorioso tricolore (che qualcuno avrebbe utilizzato come Scottex fino a un ventennio fa, ma questo è un discorso a parte). Un’Italia che in fondo, checché se ne dica, i suoi equilibri li sa mantenere, immobile nelle sue prese di posizione come chi si sveglia sul pavimento, dopo una notte a base di Glen Grant, e deve compiere il calvario fino al gabinetto.
L’Italia dei tuttologi e dei proibizionisti, degli anti-europeisti che si lasciano tentare, pappagalli avvinazzati, dai crackers diffusi capillarmente da un certo tipo di destra che ha, purtroppo, fin troppa presa sugli analfabeti funzionali. Accade così che ci si ritrova a discutere di Europa con persone che ritengono “Ventotene” un farmaco per combattere il meteorismo. La definizione di caos, da sempre e per sempre, albergherà fra la spuma di Lampedusa e le nevi perenni – ancora per poco – che sovrastano la Valle Aurina.
Uno spirito univoco e unitario, il “tutti contro tutti”: da nord a sud, da oriente a occidente, da città a città, da strada a strada, da scala A a scala B. L’irrigidirsi delle misure di contenimento è, però, sacrosanto e indiscutibile. Anche il TAR, consapevole di trovarsi di fronte a nuove probabili derive totalitarie è costretto ad ammettere che la salute pubblica è perseguibile a qualunque costo, perfino a reiterate privazioni della libertà individuale.
Da un lato la vergogna di chi non ha inteso il pericolo imminente e serenamente si gode passeggiate solitarie. Il puro spirito di contraddizione di chi – un tempo divano, pizza e “tele” – indossa la tutina infeltrita e corre a fare jogging, di chi porta il cane a spasso per stremanti e liberatorie traversate, di chi – mai stato propenso a fare la fila nei discount – va a fare la spesa tre volte al giorno. Dall’altro la bile trangugiata, ora per ora, di chi assicura i trasgressori alla gogna delle “shitstorm”. La finestra sul cortile, col binocolo puntato sul più corpuscolare degli spasmi cinetici, esercizi accusatori a tutto tondo. Centinaia, migliaia di commenti che determinano il coma cerebrale della ragione:
– “Tagliategli la testa”. “Impiccatelo”. “Fucilatelo”. “Dategli fuoco”. “Buttate le chiavi”. “Pena di morte”. “Assassino”. “Criminale”. “Usate il lanciafiamme”. –
La sete di una giustizia “fai da te” si traduce in carrellate di tastiere trasformate in orrende rivoltelle. Il plotone d’esecuzione: un battaglione di camionisti repressi, un nugolo di orrende virago con la foto profilo “colorata” dall’hashtag del momento (#parlatecidibibbiano, #ilmiovotoconta, #iorestoacasa), col cagnolino o il micio “coccoloso” in prima linea, distese di fiori di campo utili ad imbellettare quel che tracima da un animo forgiato con la ceramica.
Eccoci dunque, al termine della corsa, costretti a graffiare finestre e contare giornate che si allungano. La “Guernica” di Picasso estirpata dalle pareti della storia è l’attuale reportage di un sentire comune, terrificante. Dal salotto di casa, uniti e distanti. Andrà tutto bene, ne usciremo migliori. Siamo italiani, nelle difficoltà “cacciamo” gli artigli e ci facciamo valere. Davvero? Surreale.