La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Salerno, su disposizione della Procura della Repubblica di Lagonegro, ha eseguito un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, per oltre 1,7 mln di euro, nei confronti di 6 soggetti indagati, a vario titolo, per diversi reati di natura tributaria. Le attività investigative sono state avviate alla luce delle anomalie riscontrate nel corso di una verifica della posizione fiscale di un’impresa edile di Canegrate (Mi) che, nel 2015, aveva trasferito la sede legale a Sala Consilina, presso lo studio di un commercialista salernitano. Si tratta di una circostanza anomala, soprattutto se si considera che l’originario amministratore di Legnano (Mi) aveva contestualmente intestato la società a due prestanome, di cui uno già noto alle forze dell’ordine, con precedenti, tra gli altri, per associazione a delinquere ed autoriciclaggio. Nonostante il cambio di domicilio, l’azienda continuava ad emettere documenti fiscali con la vecchia intestazione, che riportava l’ubicazione nella cittadina dell’hinterland milanese, così da non destare sospetti nella clientela.
Parallelamente, per “schermare” l’operatività di quella cartolarmente ceduta, che versava da tempo in una situazione di grave dissesto finanziario per i debiti accumulati con il Fisco, il titolare de facto aveva avviato in Lombardia due nuove imprese, sempre operanti in analoghi settori commerciali. L’incrocio della documentazione acquisita dai Finanzieri di Sala Consilina con gli accertamenti bancari svolti ha permesso di ricostruire che l’impresa verificata, proprio per eludere le rivendicazioni dei creditori, era stata “svuotata” di tutto il patrimonio, mediante la cessione fittizia di beni strumentali e rami d’azienda alle due società neo-costituite.
Nel corso degli approfondimenti, gli inquirenti hanno poi appurato che i titolari di queste ultime, sotto la guida “tecnica” del professionista di Salerno (L.C. di 72 anni), avevano pure adoperato una serie di éscamotage contabili, per risolvere a modo loro i “problemi” con il Fisco. In sostanza, ricorrendo all’emissione e all’utilizzo di fatture false, gli indagati riuscivano a documentare sistematicamente crediti d’imposta in realtà del tutto inesistenti, con cui annullavano le esposizioni debitorie verso lo Stato, compresi i contributi previdenziali ed assistenziali dei lavoratori dipendenti.
Ed infatti, il personale impiegato presso le aziende lombarde era rimasto in carico alla società del Vallo di Diano, che in ogni caso non sosteneva alcun esborso, proprio grazie a queste artificiose compensazioni. Ricostruito il complessivo meccanismo di evasione fiscale, il G.I.P. del Tribunale alla sede, su richiesta della locale Procura lucana, ha disposto il sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie nella disponibilità dei sei indagati e delle tre società, fino alla concorrenza dell’importo di 1,7 milioni di euro, così da garantire tutti i crediti erariali insoluti emersi nello sviluppo delle indagini. I responsabili sono ora chiamati a rispondere delle gravi fattispecie di natura penal-tributaria ipotizzate a loro carico, quali l’indebita compensazione con falsi crediti, la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, l’emissione e l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, accuse per le quali rischiano condanne fino a 8 anni di carcere.