Chi per lucro, per vendetta, per servilismo, denunzia segretamente altri a una autorità giudiziaria, militare o politica. Questa è la definizione di “delatore”. Portare un fatto a conoscenza della competente autorità. Questa, invece, è la definizione di “denunciare”.
Facciamo un passo indietro. Un noto personaggio pubblico scrive sul suo profilo Twitter di aver deciso di denunciare il vicino di casa per aver organizzato, presumibilmente, una festa nel suo appartamento, in barba alle ormai famose norme di distanziamento anti contagio. Scoppia la polemica, in quanto altri personaggi noti al pubblico lo accusano di “delazione”, qualcuno addirittura facendo riferimento alla Stasi.
Cosa spinge il personaggio in questione a compiere il gesto, ma soprattutto per quale motivo? Lucro non sembra; vendetta, forse, perché no, magari ce l’ha a morte con il suo vicino…; servilismo non mi pare e poi nei confronti di chi? In ultimo non sembra ci sia stata segretezza, tant’è che ne pubblicizza l’atto sui social. Seconda definizione “portare a conoscenza dell’autorità competente”. Beh, questa sembra decisamente più calzante e decisamente più civile (di cittadino, dei cittadini, considerati come parte d’uno stato e con particolare riguardo alla loro convivenza in seno allo stato stesso).
Qualcuno obietterà che le leggi non sono tutte uguali, che ad alcune bisognerebbe non obbedire quando ingiuste. Concordo, ammesso che in questo caso lo siano, ma solo se si ha la sfortuna di vivere in una dittatura o comunque in uno stato non democratico. Se non è così, e per fortuna non mi sembra questo il nostro caso, le leggi si rispettano e, da buon cittadino, si deve esigere che lo facciano anche gli altri, utilizzando tutti i mezzi che la legge ci mette a disposizione. Quella stessa legge che non serve solo per accusare alcuni ma anche, se non soprattutto, a tutelarne altri, nell’alveo di un contesto che proprio perché democratico ci permette di avere a disposizione tutte le forme per – nel caso lo ritenessimo opportuno – contestare e mettere in discussione una o più leggi che ci sembrino ingiuste.
Ma qui da noi, si sa, viviamo nel Paese che fa dell’omertà il suo spirito guida, siamo nel Paese del tutto è possibile, del non è colpa di nessuno e del “le cose è così che vanno”, oppure del “vivi e lascia vivere”. Il Paese nel quale se non paghi le tasse non sei un evasore ma un furbo, se non usi le mazzette o le raccomandazioni come scorciatoia non hai capito nulla della vita, se sprechi il tuo tempo a cercare parcheggio invece di lasciare impunemente l’auto in doppia fila (che tanto sei solo andato a comprare un attimo le sigarette) sei semplicemente stupido, ecc.
In questi tempi di pandemia e di restrizioni di esempi ne potremmo fare altri: chiudi il negozio perché sei in zona rossa e non cerchi di tenere aperto, magari con la serranda a metà per cercare di combinare qualcosa? Stai lì misurare la temperatura e a limitare il numero di persone che entrano nel tuo locale, ma allora la perdita di tempo e a il caricarti di costi ti piace davvero. Fatti furbo, vedrai che campi meglio.
Anche in questo caso la “scusa” è subito pronta: ma come facciamo a vivere, ci chiudono ma non ci aiutano, non possiamo più mangiare.
Per carità, non si può non tenere conto di queste sollecitazioni e concordo pienamente con chi fa notare che in questo anno si è gestito il commercio in modo a dir poco paradossale, concentrandosi sui medio-piccoli ma lasciando completamente mano libera alla grande distribuzione, sia in campo alimentare che in altri campi merceologici, di prima ma oserei dire anche di seconda e terza necessità… Non puoi chiudermi il negozio per mesi e permettere al commercio online di vendere di tutto e di più, facendo sì che i soliti noti si arricchiscano alle spalle dei più deboli.
Contestualmente, però, bisogna essere onesti intellettualmente e ammettere che prima di questa emergenza per l’emissione di uno scontrino o di una fattura dovevi chiedere l’intervento celeste e se anche l’avessi ottenuta (la fattura) poi l’Iva chi la paga? Perciò tutti a farsi due conti e giungere alla più classica delle conclusioni e cioè che è meglio un uovo oggi che una gallina domani.
Nessuno però che si sia mai reso conto che questo sistema ci farà si avere l’uovo oggi ma che quell’uovo ci rimarrà sullo stomaco per tantissimo tempo: quell’uovo comporterà meno introiti per l’erario e lo si pagherà a carissimo prezzo in termini di servizi, di assistenza, di pensioni, di giustizia, di amministrazione, di sanità, ecc.
A conclusione di questo bel percorso, poi, non può mancare che la classica ciliegina sulla torta, il condono. Anche in questo caso non può mancare la definizione: “forma di transazione con cui lo stato decide di risolvere, mediante provvedimenti eccezionali, le pendenze tra i contribuenti e il fisco relative ad anni precedenti”. Solo che l’eccezionalità è diventata magicamente normalità, motivo per il quale uno Stato atavicamente incapace di esigere dai propri cittadini il giusto per sostenere tutti i servizi già citati in precedenza, prendendone atto, non solo non li condanna ma li premia e gli chiede anche scusa per essere stato così cattivo per averglielo chiesto. E in più – se mai ci fosse bisogno di aggiungere altro – a scapito dei tanti che per il loro status lavorativo o “semplicemente” in qualità di persone oneste, hanno pagato tutto e subito.
Urge in questo Paese un vero e proprio “lavaggio” della nostra moralità e del nostro vivere civile a tutti i livelli. A cominciare dal nostro essere cittadini, anzi dal nostro non essere cittadini cioè incapaci di sentire i nostri doveri e comprendere il senso profondo dei nostri diritti.