L’irrefrenabile verve comica del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, ha scaldato la platea del Forum Abromessi di Cernobbio. Davanti agli industriali, il governatore rinnova gli attriti che hanno contraddistinto il suo burrascoso rapporto con gli esponenti del Movimento Cinque Stelle, ripercorrendo l’aspra dialettica instaurata dalle parti, che De Luca attribuisce unicamente alla controparte: “Veniamo da un decennio di imbecillità diffusa e di violenza nel linguaggio la cui responsabilità maggiore appartiene ai 5S, fautori dei vaffa a tutti quanti. Mi auguro che le cose cambino, che imparino a rispettare anche gli interlocutori senza attribuirsi il monopolio dell’onestà. No ai condoni fiscali? E hanno fatto i condoni fiscali. No al Tap? E il Tap si farà. No Tav? E invece si fa. Basta Ilva? L’Ilva è ancora lì. Un conto sono i tweet, altra cosa è la fatica del governo. Per dieci anni hanno raccontato un’idiozia, hanno confuso il concetto di casta con quello di élite e di competenza. La casta, i parassiti, vanno combattuti”. Poi, incalzato sul neo ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, De Luca non risparmia l’affondo: “E’ vero, lo avevo definito un webmaster, ma eravamo molto al di sotto della realtà. Di Maio ha voluto il reddito di cittadinanza, un atto di masochismo voluto da un ministro del Sud. I Cinque Stelle stanno facendo un percorso di redenzione e noi dobbiamo accompagnarli. Se sono pronto a fare da nume tutelare a Di Maio? Sono pronto ad accogliere tutte le pecorelle smarrite, basta che non mi rompano le scatole”. Poi c’è spazio per una bordata a Salvini: “Se tu vuoi fare il ministro dell’Interno ti devi vestire da cristiano, non da uomo di Neanderthal, e non puoi stare a ballare con una sgallettata quando suonano l’Inno d’Italia”.
Le dichiarazioni di Vincenzo De Luca contrastano con gli indirizzi della segreteria di Zingaretti e con lo stato maggiore del partito in Campania. I democratici sono orientati a riproporre anche in Regione l’alleanza appena stretta a livello nazionale, soprattutto in vista della prova campale di primavera, le regionali. Un voto che misurerà l’operato del Conte 2 non soltanto in chiave antisalviniana ma restituendo lo stato della saldatura tra le due forze politiche giunte al governo. Ma in Campania l’intesa è tutt’altro che scontata, visto il livello e il tono persistente dello scontro, e la divergenza netta sul modus operandi, per non scomodare la più radicale tesi dell’antagonismo politico. Dalla segreteria dem, il responsabile Sud, Nicola Oddati, parla di un’intesa auspicabile: “I prossimi dodici mesi potranno essere impiegati proprio per fare passi in avanti e accorciare le distanze tra noi e il Movimento in Campania”, mentre il deputato Paolo Siani confida nei punti in comune, quali “la lotta alle diseguaglianze, il lavoro, lo sviluppo degli asili nido”. Il parlamentare Gennaro Migliore individua nel dialogo un elemento imprescindibile: “Parlo con tante persone, e quelli che votano 5S mi dicono la stessa cosa: non sciupiamo questa opportunità”. Trovare la giusta alchimia per replicare l’accordo, ormai imminente, in Regione Lazio, dove la maggioranza risicata dem ingloberà in giunta in M5S per un nuovo patto di governo locale. Nel disegno più ampio che include le altre regioni, la Campania rappresenta un caso anomalo e spinoso. Eppure le parti tentano un avvicinamento che avrebbe dell’incredibile.