L’interruzione della legislatura, com’era lecito attendersi, comporta l’accantonamento di diversi provvedimenti all’esame delle Camere. Tra questi, il decreto Scuola, un provvedimento da approvare “salvo intese” proprio mentre la crisi montava e Salvini si apprestava a staccare la spina al governo. Adesso che l’unico punto all’ordine del giorno, l’ultimo della legislatura, riguarda la parlamentarizzazione della crisi, con Conte destinato a presentarsi alle Camere per sottoporsi all’atto di sfiducia della Lega, il decreto salta trascinando con sé misure salvifiche per oltre 79 mila insegnanti. La quota più robusta, i primi 55 mila, si vedono privati della possibilità di rientrare nel Percorso di abilitazione speciale, il Pas, da molti considerato una sanatoria. Riservato a chi era stato in classe per almeno tre anni e non aveva più possibilità di potersi abilitare all’insegnamento, passaggio obbligato per partecipare ai concorsi ordinari, il Pas affonda insieme al decreto e al governo. Stessa sorte tocca ai 24 mila precari che avrebbero avuto accesso al concorso facilitato da tenersi entro fine anno, prova utile per entrare direttamente in una graduatoria di accesso alla cattedra. La crisi di governo ostacola anche il concorso ordinario, rinviato a data da destinarsi, così come rischia di infrangere il progetto “asili sicuri”, che prevedeva l’installazione di telecamere all’interno dei plessi. Poi c’è l‘accordo sul contratto, i 120 euro di aumenti medi per i docenti frutto della contrattazione sindacati- Miur: lo stallo della politica rende inattuabile anche questo. Il tutto mentre l’Italia continua ad essere segnalata da ogni organismo indipendente e dai dati OCSE come il fanalino di coda nella spesa per il nostro sistema scolastico universitario e della ricerca, e dopo che l’attuale governo, lo dimostra il decreto andato in fumo con la crisi inaugurata dal titolare del Viminale, aveva riconosciuto la giustezza di uno sforzo per colmare il divario salariale con i colleghi europei. Nella fase più complicata del quadro politico, la Cgil esprime preoccupazione e richiama l’attenzione sui temi della scuola e dell’università: “La situazione politica, con il suo precipitare improvviso in una crisi di governo, mette la scuola e l’istruzione in una condizione drammatica che va con responsabilità gestita da parte di tutte le forze in campo. Occorrono investimenti, che vuol dire altresì riconoscere anche nello stipendio il valore degli insegnanti e del personale tramite i contratti. Non siamo disposti ad attendere altri 10 anni per fare il prossimo contratto”. Nel complesso, nel mirino dei sindacati finisce il ministro Bussetti, indicato al netto delle promesse come uno dei maggiori responsabili della paralisi del mondo dell’istruzione. “Macchè traguardi, ministro, in quattordici mesi non avete concluso nulla”, lo boccia il sindacato Anief.