Avvertenze: non è un articolo, è un risparmio sulla mia psicoterapia. Se non vi interessa, ignorate pure
La mia relazione col PD era simile a quella che si ha con un partner tossico e forse è ancora così. Gli ultimi due congressi li ho “persi”, prima di questo, ma sono rimasta perché non mi importava quale segretario ci fosse, non c’era nulla per me fuori. Essere di sinistra, in Italia, ma anche in generale, è sempre più difficile. Qualsiasi cosa voglia dire “essere di sinistra”, poi. Dal 2017 in poi, pur essendo tesserata ed essendo anche in consiglio comunale, mi sono allontanata dalla comunità piddina attiva. Forse con un’analisi infantile, ho ritenuto la mia affezione al partito la principale causa del mio gravissimo ricovero, per il quale non ho mai chiesto scusa alla mia famiglia e ai miei amici. Per lo stesso motivo, non faccio tutte le citazioni di Harry Potter che mi verrebbero naturali durante la giornata, per non sembrare strana, non ho nemmeno comprato Hogwarts Legacy. Insomma, visto che il combinato disposto di PD ed Harry Potter mi ha provocato un episodio maniacale, evito entrambi, anche a costo di non sembrare più me stessa.
Pensavo di aver paura della mancanza di emozioni forti nel mio cervello, ma in realtà ho paura del contrario: di ridere troppo sonoramente, di arrabbiarmi troppo esageratamente, di piangere troppo a lungo, ho paura di tutto ciò che mi fa vivere a mio modo. Mi freno, continuamente. Non è questo, forse, essere adulti: rinunciare a sembrare strani? Diventare Babbani al 100%? Dopo l’ospedale, io non riesco neanche a studiare, per questo ho fallito l’esame di Latino, ci ho messo così tanto a laurearmi, per questo non riuscirò mai a essere nei posti alti della graduatoria di un concorso, è inutile chiedermi questo sforzo per il momento. Nonostante io razionalmente voglia una stabilità economica, proprio non riesco a fissare nella testa dati scritti su manuali e poi non so enunciarli e non importa quanto tempo ci dedico. Io sono un’editrice e un’aspirante giornalista, so fare quello. Al massimo un giorno posso togliere la locuzione “aspirante”. Adesso, dopo anni, giocare a scacchi è tornato a essere una cosa naturale e sono riuscita a scrivere quel “gioiellino” che è Corso di Inglese Obbligatorio il Giovedì, ma tutto ciò mi spaventa. Come faccio a sapere che non sia un lungo preludio di un altro episodio maniacale? Come faccio a sapere di avere abbastanza autocontrollo? Scusate, sto divagando. Torniamo al PD.
L’anno scorso mi è stato chiesto di candidarmi alle regionali del Veneto, anche se ormai era risaputo che abitavo in Piemonte in pianta stabile. Il Veneto, comunque, è una battaglia persa in partenza. Ho accettato questa candidatura di servizio per affetto verso il candidato Arturo Lorenzoni, proveniente da una realtà civica, nonché la persona più gentile che conosco fuori dalla mia cerchia di gente che frequento abitualmente. Era una candidatura che aveva senso per affetto, ma certo non politicamente. Non avrei potuto “coltivare i miei elettori”, come dice il mio fidanzato. Che strano, non avevo idea che gli elettori fossero piante. Comunque, l’avventura con Lorenzoni mi ha restituito un pochino di gioia politica. Sono tornata a casa a Settimo Torinese e mi sono di nuovo dedicata ai libri, niente di male in questo, ma non ero dentro al Partito. Dopodiché, Enrico Letta alla segreteria (senza primarie) mi ha ridato una speranza. Non solo è una persona onesta e intelligente, ma è anche il mio “maestro”, visto che sono stata sua allieva al Corso della Scuola Politiche, nel disperato tentativo di riavvicinarmi alla vita pubblica.
Invece, lo stile del maestro è stato un disastro: abbiamo consegnato il Paese a Fratelli d’Italia, abbiamo perso in Lazio, in Lombardia, la nostra credibilità è scesa ai minimi storici. Così, all’alba di questo congresso con primarie, il partito era una cosa morta. Nel 2007, quando è stato fondato, era veramente “figo”: quasi tutta la sinistra riunita, c’era fermento nell’aria, ma dopo sedici anni, la sanità pubblica è ancora lenta come un elefante zoppo, la corruzione è dilagante, non si trova lavoro nemmeno con due lauree, i millennials sono costretti a stare a casa fino ai 45 anni. E allora, a cosa a cosa è servito il PD? A casa mia, se un progetto in sedici anni non porta a niente si abortisce. Lo dico anche adesso che ha vinto la Schlein: va bene stare uniti, certamente è la cosa migliore, ma se questa unità non porta a nulla di concreto, tanto vale sciogliersi. Personalmente, se qualcuno vuole andarsene dal PD, rispondo: “quella è la porta”. Ritengo gli appelli all’unità alla meglio buonisti e utopici, alla peggio ipocriti e subdoli, perché insinuano implicitamente che la nuova segretaria non voglia l’unità, quando invece la persegue. Per coerenza, non dovrei nemmeno presentarmi alla Festa dell’Unità. Devo solo vedere se i miei principi sono più forti delle costicine e dei bigoli al ragù.
Letta si è giustamente dimesso ed ero convinta che niente avrebbe risuscitato la nostra “cosa di sinistra”. Se il mio maestro aveva fallito, chi altri poteva farcela? Ecco perché inizialmente non avevo nessun entusiasmo, anzi ero apatica. Ero assolutamente certa che avrebbe vinto Bonaccini, come ero altrettanto certa che non era la persona da sostenere in questo momento. I discorsi, non tanto i suoi, ma quelli dei suoi sostenitori iscritti al PD, erano improntati alla stabilità, al mantenimento dei valori e dello status quo. Insomma il mantenimento di tutto quello che ci aveva fatto perdere presa e aveva permesso alla Meloni di sbaragliarci. Potevo prendere i discorsi fatti al suo comitato e sovrapporli nei miei ricordi alle riunioni di dieci anni fa, con la differenza che l’elenco degli errori era più lungo. Mentre Elly Schlein parla sempre di futuro, di inclusione, ha una visione chiara oltre le porte delle sezioni e l’avrei sostenuta indipendentemente dal suo genere sessuale. Il fatto che sia donna, appartenente alla comunità queer, è solo un plus. Ha personalmente presenziato alla diretta del Forum Disabilità Giovani Democratici (che ora è intitolato a David Sassoli), mentre l’altro non si preoccupa nemmeno di essere presente al suo comitato. Non sono così ingenua da pensare che una nuova segreteria possa improvvisamente cambiare tutto e non sono nemmeno insensibile alle critiche che le vengano rivolte (in particolare riguardanti chi la sostiene, come Franceschini). Ma rimango del mio parere: votare Bonaccini sarebbe stato come prendere la Tachipirina mentre stai morendo. Io adoro la tachipirina, è il mio farmaco preferito, le poche volte che ho avuto la febbre mi ha riportato all’attività, ma se tutti gli organi interni sono compromessi, non serve a molto. Il fatto che il mio fidanzato non capisse questa cosa e si fosse schierato dalla parte della morte certa mi ha fatto molto arrabbiare. Pensavo avesse una visione politica meno miope, ma l’ho sopravvalutato e lui incarna perfettamente l’iscritto medio. Quindi ho maturato la decisione di andarmene, se avesse vinto Bonaccini: la sua vittoria significava semplicemente che il PD non aveva nessun desiderio di cambiare, anche adesso che si rendeva necessario e io non potevo rimanere nella stessa organizzazione politica con gente preoccupata solo della propria tranquillità. In questi anni, pur di appartenere a qualcosa di notevole, ho nascosto la mia “parte più radicale di sinistra”, ma non avrebbe avuto senso rimanere in un partito che non era più di sinistra, non mi rappresentava più e al governo non operava quel cambiamento che avrebbe dovuto. La mia decisione non era il capriccio di una bambina che non sa perdere, ma una cosa molto sofferta che mi ha provocato anche l’orticaria sulle braccia. Mi sono messa a cercare un’altra casa politica, esattamente come avrei fatto se avessi ricevuto un avviso di sfratto. Perché, quando il congresso nella sezione di Settimo ha dato 49 a 120 per Stefano, di fatto era un avviso di sfratto per me. Mi sono avvicinata alla comunità di Possibile, piccola, ma molto attiva, il suo segretario ha dovuto lasciare il PD dopo un controverso suo post Instagram con Salvini impiccato. Naturalmente non auguro la morte a nessuno e anzi ho cazziato il suddetto segretario col rischio di farmelo “nemico” da subito, cosa che non è successa perché lui è buono, passionario, ma una buona persona. Sono fatta così, se qualcuno di estrema destra dice una cavolata, anche cattiva, cerco di comprendere le ragioni, mentre se invece una persona “dalla mia parte” vota un segretario diverso divento intransigente. Forse dalle persone che condividono le mie stesse battaglie politiche mi aspetto di più. Quelle riunioni di Possibile erano molto interessanti, la laicità non la sentivo nominare da molto tempo, eppure è importante. Dubito che poi quegli incontri possano convincere anche una sola persona a togliere un crocifisso da un’aula.
Questa mia decisione di andarmene mi ha reso più arrabbiata: è difficile porre fine a una storia “d’amore” così lunga, quindi ho dovuto concentrarmi sulle cose che in questi anni mi avevano fatto ribollire, buttare fuori tutti i rospi che avevo ingoiato. E nello specifico, i bonacciniani mi facevano sempre più arrabbiare, probabilmente i più spaventati di loro vogliono abolire le primarie o ridimensionarle (cosa che ci porterebbe immediatamente al 2%, è inutile che vi spieghi perché), ma metterebbe al sicuro il loro Stefanone. Ironico vero che qualcuno con il motto “energia popolare” il popolo non lo voglia ascoltare. Una piccola parte dei bonacciniani sono così, è inutile negarlo. La rabbia mi è cresciuta parecchio, ho pianto durante una festa di compleanno, solo perché mi avevano fatto una domanda sulle primarie, ho visto un film brutto e sono imbestialita e altri episodi. Ho cercato di comunicare il mio desiderio di andarmene ai dem del mio paese in Veneto, ma la verità è che a nessuno fregava nulla, come probabilmente a voi non importa nulla di leggere questo mio flusso di coscienza, quindi poi ho cercato di seminare zizzania nella chat (scrivendo cose con un fondo di verità, ma in modo troppo iroso). Questo sì che è stato infantile. La settimana prima delle primarie mi sono riposata, ho pensato ai miei libri e mi sono tranquillizzata. Ormai mi ero rassegnata: i piddini avrebbero avuto il loro “tranquillone” per la gioia del mio ragazzo, io sarei andata con Possibile e avrei ricominciato attivamente da lì, magari con più gioia. Avevo già i bagagli pronti per andarmene, il giorno delle primarie ero davvero triste. Prima pioveva, poi nevischiava, il mio nonno adottivo stava morendo. Mia suocera mi ha prestato la mantellina verde antipioggia, mi ha chiesto se era proprio necessario andare a votare. Sono arrivata in sezione fradicia e infreddolita, senza nessuna idea del seguito che Elly aveva in realtà. La sindaca Elena Piastra (Bonaccini team) mi ha accolto, con altre due persone, mi ha accolto come in una casa e mi sono sentita ancora più triste. Sarebbe stato più facile se mi avesse preso a badilate in testa. Mi ha fatto asciugare la giacca, mi ha offerto i galani, le bugie, le chiacchiere. Com’è che li chiamate, voi al Sud? Poi ho avuto un diverbio acceso con la tipa del tesseramento, che dichiarava sconfitta la Schlein. Io ero spalleggiata da una persona che, invece, la pensava come me. Infine sono tornata vicino al seggio, prima ho votato, e mi sono piazzata tranquilla dietro una pianta, aspettando che spiovesse. E poi non me ne andavo anche perché sapevo che probabilmente non avrei più messo piede lì o in nessun altro circolo PD e volevo rimandare il momento il più possibile, il momento in cui il mio divorzio sarebbe stato reale. Aspettavo anche il segretario di sezione, il quale sembrava l’unico, oltre al mio fidanzato, a interessarsi se rimanevo o meno nella baracca. Ho apprezzato molto tutto ciò. Ero convintissima che avrei fatto un casino, che mi sarei di nuovo arrabbiata, invece per fortuna no, gli ho solo espresso la mia tristezza e anche lui sembrava triste. La tristezza ha posto un freno importante a tutto il resto. Poi un cane bianco, apparentemente innocuo, ha cercato di aggredirmi, poi è arrivato il sostenitore della mozione Schlein (inutile dirvi che era il “meno zombie” lì dentro). Non c’eravamo mai visti prima, ho cercato di dare a lui i 2 euro che non avevo versato in quanto tesserata. Lui li ha messi nella cassa comune e ha riconosciuto chi ero.
La sera ero a casa, mi arriva un messaggio strano del mio fidanzato che mi chiede se l’avrei amato comunque l’indomani, poi mio padre mi manda i risultati del quartiere dove stavo prima, Elly aveva vinto lì. Ho cominciato a capire, ed ero felice, ho controllato i risultati, ho finito il prosecco delle ferrovie, ho rassicurato il segretario che il divorzio era rimandato. A quello di Possibile ho detto che non potevo certo avere il piede in due scarpe, ma sarai volentieri andata ai loro dibattiti e lui è stato d’accordo. Ma la felicità era il problema. Mi ero talmente abituata all’idea di “perdere”, di andare via, che adesso non sapevo cosa fare. Quindi me la sono presa con qualunque iscritto bonacciniano mi capitasse a tiro, vi chiedo scusa. Non cambierà molto la mia vita politica, certo posso comunque dare molto di più con i libri che non con qualche incarico, per il quale non sono la persona adeguata. Ma potrò partecipare a più riunioni, con più coinvolgimento, ora è Possibile. Per la prima volta qualcuno alla segreteria del partito mi rappresenta e, anche se in sezione non cambierà nulla e ci saranno sempre i soliti, non avete idea di quanto questo significhi per me.