La giudice costituzionale Marta Cartabia è stata eletta presidente della Corte: è la prima donna, nella storia della Repubblica italiana, a ricoprire questo ruolo. Il risultato è di 14 voti su 15 e quello mancante è proprio il suo, dato che la Cartabia ha dichiarato di essersi astenuta. Marta Cartabia ha 56 anni ed è tra i presidenti più giovani che la Consulta abbia mai avuto.
Si è laureata, nel 1987, presso l’Università degli studi di Milano, con il professore Valerio Onida. Anche Onida è stato presidente della Corte Costituzionale. Nel 1997 ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole dopo aver lavorato come ricercatrice alla Michigan Law School, negli Stati Uniti. Sposata, con tre figli, è professoressa di Diritto costituzionale all’Università Bicocca di Milano. Ha insegnato in diverse università straniere: Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti. Nel 2009 è stata tra i cofondatori della prima rivista italiana di diritto pubblico in inglese, l’Italian Journal of Public Law. Nel settembre del 2011, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’ha nominata giudice della Corte costituzionale. È vicepresidente della Consulta dal novembre 2014. La Cartabia è la terza giudice donna della Consulta dopo Fernanda Contri e Maria Rita Saulle. Marta Cartabia è cattolica e considerata vicino al movimento di Comunione e Liberazione.
“Sì è rotto un vetro di cristallo. È un passo significativo per la storia delle nostre istituzioni. Le donne in magistratura sono in maggioranza, rappresentano il 53% ma non ai vertici, nelle alte cariche. La mia elezione è un po’ l’elezione di tutte loro… In tal senso sento tutta la responsabilità di questa carica e l’onore di essere qui, sperando di fare da apripista“, ha dichiarato la Cartabia.
“La neo-presidente finlandese ha detto che età e sesso non contano più. In Italia un po’ ancora contano, spero presto di poter dire che non contano più – ha aggiunto per poi sottolineare come – “sono state decisive alcune figure femminili, a partire da mia madre, e alcuni modelli formativi, soprattutto maschili, che mi hanno incoraggiata e sostenuta. Sono stati tutti decisivi perché accadesse quello che oggi è accaduto: ma se me lo avessero predetto dieci anni fa, avrei risposto con una risata”.
Il presidente della Repubblica ha espresso “gli auguri più grandi per l’espletamento del suo mandato“. Per il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, la giornata dell’elezione della Cartabia è stata “una giornata storica per il Paese“. Elisabetta Casellati si è dichiarata orgogliosa di “vedere finalmente una donna ai vertici della Consulta”. Secondo il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, invece, “l’elezione di Marta non è certo un segnale da quote rosa, piuttosto un’eguaglianza fondata su competenza e professionalità“. La senatrice Monica Cirinnà si è congratulata con la neo-presidente la cui elezione “dimostra che con costanza e pazienza per molte donne colte e determinate è possibile raggiungere traguardi rilevanti“. La Cirinnà si augura che “la nuova presidente della Consulta sappia utilizzare il suo sguardo di donna soprattutto per cogliere e rispondere alle richieste di riconoscimento dei diritti delle tante persone che, davanti all’ignavia della politica, si vedono costrette a chiedere alla magistratura il riconoscimento di diritti qualificanti per la propria vita”.
Su questo, forse, sarebbe legittimo dubitare e a spiegare il perché è la deputata Dem Giuditta Pini che ha scritto su Facebook che l’elezione di Marta Cartabia è una buona notizia “perché viviamo in un paese in cui alle donne vengono preclusi ruoli apicali” ma al tempo stesso non lo è “perché Marta Cartabia è contraria a eutanasia e aborto e si è detta più volte contraria ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, definendoli pretesa di falsi diritti”. Nel 2011, infatti, all’indomani della decisione dello Stato di New York di consentire i matrimoni tra persone dello stesso sesso la Cartabia pubblicò un articolo dal titolo Matrimonio a ogni costo, la pretesa dei falsi diritti. In quell’occasione scrisse che “giuridicamente parlando, la decisione dello stato di New York vale solo entro i suoi confini: oggi già alcuni (pochi) stati americani ed europei riconoscono il matrimonio omosessuale, mentre la maggior parte riserva il matrimonio alle coppie eterosessuali, e così continuerà ad essere“.
Non è stato così, almeno negli USA. Sta di fatto, però, che per la neo-presidente della Consulta “mantenere su un piano distinto il matrimonio e la famiglia rispetto ad altre forme di convivenza non è discriminare ma operare distinzioni”. Marta Cartabia ha una posizione critica anche sull’aborto: nel 2008 affermò che “fuori da una concezione creaturale in cui l’uomo è diretto rapporto con l’infinito, non si dà dignità umana e i diritti, anziché costituire la massima valorizzazione della persona, aprono la strada al suo annientamento”. La Cartabia si riferiva, in questo caso, al diritto “a darsi la morte” e “a non nascere”, sicuramente di dubbio inquadramento giuridico. Sul caso Englaro, in un articolo dal titolo più che eloquente, “Quell’arbitrio che decide di giudicare il mistero della vita”, la Cartabia affermò che la decisione della Cassazione portava al paradosso di un diritto all’autodeterminazione che si rivolge contro l’uomo stesso.
Per concludere, sebbene anche chi scrive abbia salutato con insolito entusiasmo l’elezione di Marta Cartabia quale presidente della Corte Costituzionale, si deve forse prescindere dal genere biologico di appartenenza e guardare a ciò che anima le nostre decisioni. Sicuramente l’Italia, con l’elezione della Cartabia, ha fatto un passo in avanti per la parità di genere e di questo, come del resto ha dichiarato Laura Boldrini, abbiamo di che rallegrarci.