Letteralmente si definisce “carbofobia” la paura di assumere carboidrati in quanto ritenuti dannosi per la salute. Ma allora che fine hanno fatto decenni e decenni di encomi alla Dieta Mediterranea? Perchè alla base della Piramide Alimentare ci sono pasta, riso e pane se, come molti credono, fanno male o comunque fanno ingrassare?
Partiamo dal presupposto che i carboidrati sono la fonte energetica primaria utilizzata dal nostro corpo, in primis dal cervello, e si suddividono in due categorie ben differenti tra loro: gli zuccheri e i carboidrati complessi. I primi innalzano rapidamente la glicemia ma altrettanto rapidamente stimolano la comparsa dell’appetito; le principali fonti di essi sono: il comune zucchero da tavola, il miele, la frutta, il latte e i suoi derivati, per non parlare di tutti gli alimenti industriali quali caramelle, merendine, bibite gassate, succhi di frutta, ecc. Al secondo gruppo, invece, appartengono gli amidi e le fibre, i quali prevedono un processo di digestione e assorbimento più lenti e al contempo danno un più duraturo senso di sazietà; tra questi vi sono: cereali e derivati (quindi riso, pane, pasta, farro, orzo, mais, segale, ecc), patate, legumi, frutta e verdura.
Già questa classificazione ci fa capire una cosa: è assolutamente impossibile escludere ogni fonte esistente di carboidrati dalla nostra alimentazione.. e menomale oserei dire io!
La verità è che, come in ogni cosa, è la dose a fare il veleno. E in effetti le linee guida suggeriscono sì, di limitarne il consumo ma in particolare degli zuccheri semplici, il cui apporto deve essere al massimo del 10% rispetto al fabbisogno totale, a fronte dell’apporto totale di carboidrati che si aggira attorno al 50-60%. Le fonti, inoltre, devono essere intelligentemente scelte; ad esempio è chiaro che tra i pochi zuccheri semplici da consumare farò rientrare le 2-3 porzioni giornaliere di frutta, ricca in vitamine e minerali, e non andrò a consumare, invece, merendine e quant’altro. Più libertà, invece, avrò nel consumo di amidi e fibre (almeno 30gr al giorno). Anche in questo caso bisogna valutare la qualità dei cibi introdotti e prediligere cereali integrali a basso indice glicemico e che diano un elevato apporto di fibre (in assenza di controindicazioni e/o patologie specifiche).
Facciamo attenzione a parlare di diete iperproteiche, chetogeniche o low-carb se non sappiamo bene di cosa si tratta e soprattutto se non siamo guidati da un professionista del settore; si tratta di validi protocolli oramai validati scientificamente ma che non possono assolutamente essere applicati come “fai da te”. L’obiettivo primario deve essere un’alimentazione sostenibile nel lungo termine volta a costruire un rapporto equilibrato con il cibo e scevro da ogni forma di demonizzazione che potrebbe sfociare o in un meccanismo compensatorio o addirittura in un disturbo del comportamento alimentare. Godetevi un bel piatto di pasta, dopo vi sentirete più appagati ed energici e ricordatevi di non dare mai per scontata l’attività fisica!
Angela Schettini – Nutrizionista
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