Una frase pronunciata più volte nel corso dell’assemblea. Un modo per rivendicare una presenza che va oltre il lavoro, la presenza di corpi che ogni giorno vivono e attraversano lo spazio pubblico e in esso giocano le loro esistenze. Sono stati tantissimi i punti di discussione e i racconti di vita che hanno caratterizzato l’assemblea. La casa, i trasporti, i servizi all’infanzia, la salute, l’istruzione sono stati i temi più discussi oltre alle problematiche relative al permesso di soggiorno, al ricongiungimento familiare, allo sfruttamento lavorativo.
Il tema della regolarizzazione è stato sollevato a più riprese “ciò che è più difficile in questo momento è rimanere regolari sul territorio e ottenere un permesso di soggiorno che ci possa permettere di portare le nostre famiglie in Italia”. “In primis perché” – come affermato dai braccianti – “non essendo garantito l’accesso ad abitazioni a norma, non possono essere fatte le giuste documentazioni di idoneità alloggiativa e residenzialità utili per il rinnovo dei permessi e l’accesso a strumenti come quello della sanatoria”.
Un ragazzo marocchino ha tenuto a precisare che “buona parte di loro è costretto a sfiancarsi senza poter ottenere un regolare contratto. Questo toglie la forza di contrattare con i datori di lavoro che troppo spesso tendono a mettere in busta paga meno delle giornate lavorative effettive, o, più giornate rispetto a ciò che viene dato in modo da poter pagare le spese di trasporto dei caporali”. Un giovane maliano ha proseguito raccontando “del costante sfruttamento in termini di paga e orari di lavoro da parte di chi sa che l’altro, non avendo i documenti, non può opporsi” e “dell’impossibilità di accedere, per via della mancanza dei permessi, ai servizi territoriali che garantiscono diritti in termini di salute e istruzione”.
Un momento importante in cui i lavoratori della Piana del Sele hanno mostrato non solo grande consapevolezza e capacità di analisi della situazione ma anche la volontà di organizzarsi per migliorare ciò che li circonda. Come ha affermato un lavoratore maliano alla fine dell’assemblea “solo uniti possiamo veramente migliorare le nostre condizioni di vita e quelle dei tanti non presenti oggi. Italiani e stranieri”.