Il 2020 si è rivelato un anno particolare per il trasporto ferroviario italiano, con un calo inevitabile dei passeggeri e zero km di nuove linee inaugurati. Ma guardando alla situazione pre-Covid, i passeggeri sui treni AV di Trenitalia sono passati dai 6,5 milioni del 2008 a 40 milioni nel 2019: un aumento esponenziale (+515%), legato sostanzialmente a un raddoppio della flotta dei convogli ad alta velocità. E’ la fotografia restituita dal Rapporto Pendolaria 2019 di Legambiente. Nel 2019, il numero di coloro che ogni giorno prendevano il treno per spostarsi su collegamenti nazionali era di circa 50 mila persone sugli Intercity e 170mila sull’alta velocità tra le frecce di Trenitalia e Italo.
Tra le diverse parti d’Italia perdurano, tuttavia, differenze enormi nella qualità e nell’offerta del servizio ferroviario. In alcune aree il servizio è tra i più competitivi al mondo, ma fuori dalle direttrici principali dell’Alta Velocità e dalle Regioni che in questi anni hanno investito, la situazione del servizio rischia di peggiorare ulteriormente. Ne rappresenta la prova la crescita complessiva dei passeggeri nel trasporto ferroviario regionale che nasconde differenze rilevanti tra le diverse aree del Paese e tra i gestori del servizio: se in alcune Regioni, infatti, il numero degli spostamenti in treno è quasi raddoppiato tra il 2011 e il 2019, sulle linee peggiori d’Italia la situazione è stata quanto mai difficile, di sovraffollamento e disagio per i pendolari, soprattutto nel pieno di un’emergenza sanitaria. Sulle linee Cumana, Circumflegrea e Circumvesuviana di Napoli, ad esempio, la situazione era già drammatica per treni vecchi, stazioni in condizioni di degrado e la riduzione del servizio. Forti sono state le proteste in questi mesi per gli assembramenti dovuti a soppressioni di corse e alla mancanza di controlli, per l’impossibilità di mantenere i distanziamenti indispensabili a evitare i contagi.
Se in alcune Regioni il numero degli spostamenti in treno è quasi raddoppiato tra il 2011 e il 2019, la Campania continua ad “viaggiare” in controtendenza e registra a un calo anche importante: dal 2011 al 2019 il calo dei pendolari è stato vertiginoso, passando dai 467.000 a 261.193 pari al 44 % in meno, uno dei dati peggiore tra tutte le regioni italiane. In termini pratici sono oltre 205mila i pendolari che hanno abbandonato il trasporto pubblico per i mezzi privati, che significa una stima prudente di oltre 100mila automobili che in otto anni sono ritornate a circolare con più ingorghi e più smog. Complessivamente in tutta la Regione sono 352 i treni in servizio sulla rete regionale, con una età media dei convogli in circolazione sulla rete regionale di 19,9 anni, con il 65,9% dei treni con più di 15 anni di età. Ma dopo i pesanti tagli effettuati in passato, continuano gli investimenti per rinnovare il parco rotabile, con 177 milioni di euro destinati a Trenitalia (42,1 milioni) e EAV (circa 135 milioni), arrivando allo 0,84% del bilancio.
Il più grande cambiamento avvenuto sulla rete ferroviaria negli ultimi anni è l’entrata in esercizio dell’Alta Velocità che ha consentito di muovere una quota rilevante degli spostamenti in aereo e auto. Purtroppo, gli stessi risultati non sono avvenuti sulle altre linee nazionali “secondarie”, quelle dove circolano gli Intercity. I passeggeri trasportati sui treni AV di Trenitalia sono passati dai 6,5 milioni del 2008 a 40 milioni nel 2019, con un aumento del 515%. Per Italo sono stati circa 4,5 milioni i passeggeri nel 2012 per arrivare a 17,5 milioni totali trasportati dal 2018. Alla base di questo successo è l’aumento della flotta dei treni AV, che è raddoppiata: 74 nel 2008, 144 nel 2019. La ragione sta dunque nella straordinaria crescita dell’offerta di servizio, di treni nuovi che si muovono tra Salerno, Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Milano, Torino e Venezia. Il problema del trasporto ferroviario in Italia è che fuori dalle direttrici principali dell’alta velocità, e dalle Regioni che in questi anni hanno investito, la situazione del servizio è peggiorata, con meno treni in circolazione, e di conseguenza scende il numero di passeggeri. Solo negli ultimi anni c’è stato un recupero dell’offerta di servizio Intercity, treni fondamentali nelle direttrici fuori dall’alta velocità, in particolare al Sud e nei collegamenti con i centri capoluogo di Provincia, ma dal 2010 al 2017 la riduzione delle risorse, con proroghe del contratto tra il Ministero delle Infrastrutture e Trenitalia, ha portato ad una riduzione drastica dei collegamenti che emerge con chiarezza dal bilancio consolidato di Trenitalia. Per i convogli a lunga percorrenza finanziati con il contributo pubblico, l’offerta in termini di treni km è scesa dal 2010 al 2019 del 16,7% e parallelamente sono calati i viaggiatori del 45,9%. Nel 2019 i dati sono in leggera ripresa (+0,8%) per quanto riguarda il numero di persone, ma siamo comunque lontani dai dati di dieci anni fa sia per l’offerta sia per la frequentazione. Secondo Legambiente per cambiare la situazione è fondamentale mettere a gara il potenziamento dell’offerta di servizio, con almeno un treno ogni ora lungo alcune direttrici prioritarie e nuovo materiale rotabile, lungo la Napoli-Reggio Calabria, Taranto-Reggio Calabria, Salerno-Taranto, Napoli-Bari, Palermo-Messina-Catania, e un attento coordinamento delle coincidenze con treni regionali e TPL, per cittadini e turisti a muoversi tra le città del Mezzogiorno.
Il secondo grande ritardo infrastrutturale del Paese è nelle regioni del Sud e nell’integrazione delle diverse modalità di trasporto (aeroporti, stazioni, porti, interporti). Uno dei motivi per cui i numeri degli spostamenti in treno è più basso al Sud dipende dal fatto che in questa parte del Paese troviamo meno treni in circolazione e più lenti, il maggior numero di linee a binario unico e non elettrificate. Complessivamente in Italia abbiamo 19.353 km di linee ferroviarie e la maggior parte della rete ferroviaria in Italia è ancora a binario unico (il 56,3%). Se si guardano le differenze a livello regionale il Sud risulta ancora svantaggiato con esempi quali la Calabria con 686 km a binario unico su 965 (il 69,6%), la Basilicata addirittura con soli 18 km di binario doppio ed il 96,1% di rete a binario singolo, la Sardegna (549 km a binario semplice su 599) e la Sicilia (1.267 km a binario singolo su 1.490 km totali di rete, l’85%). Elettrificare le linee ferroviarie al Sud e potenziare le linee nazionali secondarie, è una delle priorità fissate dal Rapporto Pendolaria. Nel Meridione d’Italia muoversi da una città all’altra può portare a viaggi di ore e a numerosi cambi obbligati anche per poche decine di km, ma anche in tante aree urbane dove esistono linee dal grande potenziale non completate o da potenziare. Investire su queste linee ferroviarie serve a rendere il treno competitivo nei confronti del trasporto su gomma, a migliorare i sistemi di sicurezza e aumentare la velocità. Come sulle linee adriatica, tirrenica e jonica e per i collegamenti con aree fuori dall’AV e con limitati collegamenti aerei, dove i fondi europei potrebbero essere convogliati per far circolare moderni treni a trazione elettrica e bimodali (diesel-elettrico).
Il nostro Paese dispone di un grande patrimonio di linee ferroviarie. In molti casi queste linee sono intorno a conurbazioni e aree costiere e basterebbero interventi dal costo limitato per farle diventare una valida alternativa per gli spostamenti sia pendolari che turistici. Investire su queste linee ferroviarie è fondamentale per rendere il treno competitivo nei confronti del trasporto su gomma. La rete di RFI intorno alle aree urbane o di penetrazione rappresenta una risorsa straordinaria da valorizzare per creare sistemi competitivi per gli spostamenti delle persone completando o potenziando collegamenti.
Nei prossimi dieci anni saranno disponibili risorse senza precedenti per le infrastrutture ferroviarie, tra quelle straordinarie di Next Generation EU, i fondi strutturali europei e gli investimenti nazionali previsti nel contratto di programma di RFI, sulle altre reti concesse e nei Comuni per il trasporto locale in sede propria. Il Recovery Plan proposto dal Governo Conte prevede interventi importanti sulla rete ferroviaria ma non si chiariscono né gli obiettivi che si vogliono perseguire né come si inquadrano rispetto agli interventi già in corso: non si comprende quali ritardi e problemi prioritari intende affrontare, in modo da costruire un quadro coerente e comprensibile dei cambiamenti positivi che si vogliono realizzare nel Paese.
Per Legambiente recuperare i ritardi infrastrutturali nelle aree metropolitane e arrivare a realizzare i progetti prioritari che riguardano 146 km di linee metropolitane, 367 di tranvie e 70 di linee ferroviarie suburbane, da integrare fortemente con trasporto su gomma, sharing mobility e corsie ciclabili, coincide con la sfida fondamentale della mobilità in Italia. L’analisi degli spostamenti in Italia delle persone realizzata da Isfort, evidenzia dei dati particolarmente interessanti, perché a prevalere è la mobilità di prossimità (entro i 2 km) con il 32,4%, quella a scala urbana (fino a 10 km) con il 42,7% (entrambe in leggero calo rispetto all’indagine precedente) e quella di medio raggio (fino a 50 km), con il 22,3% (in aumento). Il sondaggio realizzato con la ricerca mostra come oltre il 36% degli intervistati nel 2019 avrebbe voluto aumentare l’uso dei mezzi pubblici, l’automobile registrava invece il 35,6% di persone disposte a ridurne l’uso. Questa situazione è chiaramente stata stravolta dalla pandemia, ma in realtà in questi mesi si è accentuata la propensione delle persone a ripensare i propri spostamenti, a usare le bici e i monopattini (quelli in sharing sono passati da 4.900 a dicembre 2019 a 27.150 a settembre 2020), e allo smart working. Questi cambiamenti rimarranno anche una volta usciti dal Covid e, anzi, contribuiranno ad accelerare processi positivi per la mobilità urbana. Investire nella mobilità sostenibile nelle aree urbane è fondamentale perché qui troviamo i dati più rilevanti di concentrazione dell’inquinamento atmosferico in Italia, legato in modo rilevante alla prevalenza di spostamenti automobilistici. Nel 2020 sono stati 35 i capoluoghi di provincia fuorilegge per le polveri sottili (PM10), come rilevato dal Rapporto Mal’aria di città di Legambiente. L’inquinamento atmosferico è al momento la più grande minaccia ambientale per la salute umana e a pagarne le conseguenze sono i cittadini. Tra le opere figura anche il prolungamento metro superficie Arechi-Aeroporto, per un totale di 8,8 km tra Salerno e Pontecagnano, a fronte di una spesa di 125 milioni di euro.
Nelle Regioni del Sud nessuna risorsa aggiuntiva è stata spesa o non ha raggiunto lo 0,1% del bilancio. Nel Recovery Plan il tema del finanziamento del servizio di trasporto ferroviario e locale deve essere affrontato con una riforma che garantisca investimenti capaci di aumentare l’offerta di treni e autobus, con ricadute positive anche a livello occupazionale. Questo anche al fine di completare il rinnovo e il potenziamento del parco circolante. Sono 2.767 i treni regionali attualmente in circolazione, con un’età media nazionale che è scesa a 15,2 anni, ma che rimane ancora molto alta al Sud (19 anni), specie rispetto a quella dei convogli del Nord (11,7). Per potenziare il servizio sulle linee ferroviarie, si può stimare un fabbisogno aggiuntivo al 2030 rispetto agli investimenti già previsti di almeno 650 treni regionali, 180 treni metropolitani e 320 tram, per una spesa di circa 5 miliardi di euro da spalmare in dieci anni. Lo scenario proposto da Legambiente al 2030 prevede complessivamente investimenti pari a 13 miliardi per gli interventi sulle linee nazionali e regionali e di 13,7 miliardi per quelli nelle città, 5 miliardi per il rinnovo del parco circolante. Un quadro di investimenti che in dieci anni tra Next Generation UE, fondi strutturali, investimenti nazionali e regionali è assolutamente alla portata di un Paese come l’Italia.