Balneare, come la vita pubblica italiana. In costante oscillazione tra l’iperbole e la suggestione. Balneare come i connotati delle maschere politiche, spudorate, pronte all’esibizione. Balneare come le giravolte e le contraddizioni: repentine, grottesche, sragionate, proprio come sotto l’effetto di un colpo di calore. Balneare come il ritorno di altisonanti promesse, pronunciamenti patetici di una stagione che interrompe e che evapora, riscrivendo a piacimento trame di vita personale e, nel modo più assoluto, di vita politica. Balneare come la ricerca di un vacuo diporto, vinti dalla fiacchezza, come la possibilità, socialmente convenuta, di programmare il vuoto e di eseguirlo muovendosi nei luoghi degli altri, tra folle chiassose e intemperanze social. Balneare come il culto di un’Italia da spiaggia: una delle sue rare raffigurazioni autentiche.
Dopo il falso allarme del 2019, quando la crisi estiva di fine agosto sfociò nella cacciata di Salvini ad opera di Giuseppe Conte, il Paese e le sue mille emergenze precipitano nell’inedita campagna elettorale d’estate con la caduta di Draghi. Riflettendo la stagione, la propaganda si preannuncia infuocata. E allora bando ai comizi tradizionali, agli incontri e ai contenuti programmatici, via alla comunicazione selvaggia che da sola può condizionare i flussi elettorali. Non portò fortuna ma il metodo Papeete è un marchio di fabbrica dalle parti del carroccio, mentre ormai il sovranismo subentrante di sora Giorgia punta all’ebbrezza della retorica nazional-tradizionalista con la presenza annunciata a feste e sagre estive. Questione di brand, non certo di conoscenza di un vasto patrimonio culturale, tradizionale e identitario, tristemente strumentalizzato per ottenere voti.
La destra batterà la solita propaganda, il disco rotto dell’approccio fobico alle questioni che riguardano l’umanità, inforcando parole d’ordine del secolo scorso. Saremo costretti ad ascoltare un brusio ridondante di distorsioni e fake news che forzeranno il suono della risacca, accompagneranno il ciabattare sul bagnasciuga. E poi i contenuti e il dibattito, sacrificati sull’altare delle alleanze e del calcolo, nella frenesia dei posizionamenti e dei ripensamenti. Abbiamo la peggiore legge elettorale del continente, che premia le coalizioni e sancisce le accozzaglie. D’altra parte le alleanze consentono di poter competere nei collegi uninominali, decisivi secondo il parere dei sondaggisti. Ed eccoli, i cartelli elettorali: il sintomo di una classe politica che stenta ad imparare dagli errori del passato. Il centrodestra è spaccato su tutto, ognuno si guarda alle spalle, nemici alleati pronti alla spartizione con un ex premier che non riesce più ad articolare un discorso senza trascinarsi le parole. Il Pd che lucida l’arma sleale del voto utile, del “o noi o loro”. Dove per loro si intende una destra dalle sembianze chiare, per noi una fiera della responsabilità senza un come, un chi e, soprattutto, un perché.
Il disfacimento estivo della vita pubblica rischia di provocare una distanza ulteriore dalla politica, un moto di rigetto per la campagna elettorale. Un rischio che si riassume nell’impossibilità da parte del cittadino di potersi orientare. Moltiplicando il terreno fertile per quelle forze che attentano alla coesione sociale del Paese, soprattutto al cospetto di un tessuto sociale dilaniato dalle crisi quindi estremamente permeabile alle strumentalizzazioni.
Il carattere melodrammatico della società italiana ha trovato terreno fertile nei meccanismi che hanno esacerbato il rancore covato, sfociando nell’odierna società della frustrazione. Come il lento deterioramento di un organismo, può degenerare all’improvviso. Una causa, uno scompenso, un ennesimo cambiamento e tutto ciò che ha incubato e che si è moltiplicato rende vana ogni cura. E’ quello che, politicamente, potrebbe verificarsi in Italia. Nei prossimi due mesi capiremo lo stadio della degenerazione del corpo democratico, delle sue strutture, dei suoi interpreti. E, soprattutto, della società italiana. Capiremo se le forze sociali, le energie politiche e la società civile sapranno neutralizzare ancora una volta il tentativo d’influenza di spinte illiberali fondate sulla paura e sul risentimento. Ma l’immagine della nostra democrazia balneare proviene dal web: leader politici che, come mostri, avanzano verso la riva terrorizzando i bagnanti in fuga. Non si tratta soltanto di maschere che inseguono il popolo durante la fiacca estiva ma di maschere che, come sosteneva Italo Calvino, fanno del proprio volto il prodotto della società e della Storia.