La scorsa settimana, nel Bollettino della Regione Molise, è finalmente uscito il tanto atteso bando che stanzia 700 euro mensili per tre anni a favore di coloro che prendano la residenza in un comune molisano con popolazione inferiore ai 2000 abitanti ed aprano un’attività per almeno cinque anni. L’iniziativa, chiamata reddito di residenza attiva, è stata proposta da Antonio Tedeschi, consigliere della Giunta di centrodestra presieduta da Donato Toma.
Almeno 100 Comuni molisani, sui 136 presenti nel bando, hanno meno di duemila abitanti (come tanti in Italia del resto) ed essendo sempre più spopolati, di anno in anno, hanno visto chiudere attività ed esercizi commerciali, rischiando di scomparire. Scopo della misura é tentare di ristabilire un minimo di equilibrio demografico aumentando il numero di persone e di attività in luoghi che hanno la tendenza a desertificarsi; saranno finanziati all’incirca 40 progetti da aumentare in base all’eventuale successo della proposta.
Altro intervento stanziato è il ‘Mantenimento e miglioramento dei servizi essenziali nei piccoli Comuni’, a favore dei 69 Comuni al di sotto dei mille abitanti: previsti 700 mila euro con un massimo di 15 mila per ogni amministrazione, al fine di poter far fronte ai servizi in cui sono carenti.
Per candidarsi al reddito c’è tempo fino al 30 Novembre; la partecipazione al bando Regione Molise per il Reddito di Residenza Attiva è aperta a chiunque sia disponibile a trasferire la propria residenza in uno dei comuni con meno di 2mila abitanti, anche se proviene da fuori regione o nazione. Le domande verranno vagliate con attenzione ed i nuovi arrivati saranno controllati per evitare che il loro trasferimento in Molise sia davvero attivo e non fraudolento.
Tralasciando il forte impatto mediatico della proposta, recepita abbastanza positivamente dai comuni interessati, non mancano voci di dissenso da parte di chi, come Stefano Buono del PD, non crede possa essere uno strumento risolutivo, quanto invece “migliorare la sanità e la viabilità esistente, progettare e costruire grandi infrastrutture in grado di rendere il Molise percorribile, percorso e collegato, investire sull’innovazione tecnologica e sulla sostenibilità ambientale”.
Anche il popolo del web si è mostrato critico nei confronti della misura, considerata da alcuni solo una forma di assistenzialismo e che comunque rischia di far spostare persone già residenti in Molise da un comune all’altro, non risolvendo il problema dello spopolamento e non aiutando chi lì vive da una vita ed è comunque costretto ad andare via.
La proposta resta tuttavia di per sé interessante e se l’esperimento molisano funzionasse potrebbe anche essere esportato altrove, per esempio in Campania ed in particolare nel Cilento, una zona che, nonostante goda di un’ottima qualità della vita e di una ricercata offerta turistica, é contrassegnata da un forte spopolamento, dall’abbandono di grandi aree boschive e dalla scomparsa di antiche culture e colture tipiche che rischiano di scomparire risentendo fortemente dei processi di urbanizzazione.
Favorevole all’iniziativa molisana, pur nell’ipotesi in cui la Regione Campania decida di proporre uno strumento simile, si mostra l’ex deputato Simone Valiante, per tanti anni anche sindaco del comune cilentano di Cuccato Vetere. “È evidente, tuttavia, che queste misure andrebbero accompagnate con investimenti infrastrutturali regionali ed interregionali, quali l’ammodernamento e l’estensione della rete dell’Alta velocità ferroviaria, che non avvengono anche per l’incapacità delle regioni meridionali di dialogare tra loro”.
Una proposta interessante anche secondo il sindacalista ed intellettuale Anselmo Botte, attualmente residente a Laurito, piccolo comune del Cilento interno. “Funzionerà? Staremo a vedere. E’ difficile pronosticare. Nessuno ha una soluzione. Credo però che alla base di ogni proposta ci debba essere una attenta analisi del territorio e delle comunità che sono insediate. Prima di varare un provvedimento occorre una fase di sperimentazione. Non so se questo è stato fatto in Molise. C’è poi un limite che sta appunto in un provvedimento che ha un ambito di riferimento regionale. Credo che lo spopolamento dei piccoli centri ha delle peculiarità differenti da comunità a comunità. Quello che va bene per Laurito, potrebbe non valere per un altro comune del Cilento. Figuriamoci per uno della Costiera Amalfitana o dell’Agro Sarnese Nocerino”. Anselmo si è reso promotore di un interessante tentativo di costruzione dell’Osservatorio Emozionale sullo Spopolamento a Laurito, partendo dall’esigenza di ricreare lo spirito di comunità che in quasi tutti i paesi ormai si è perso. “A partire da ciò cerchiamo di proporre un’idea che punti a creare le condizioni di un freno allo spopolamento e a qualche proposta di ripopolamento. E’ quindi dalle singole comunità che bisogna partire, non credo in un modello valido per tutto il territorio. Non abbiamo elaborato ancora nessuna proposta per Laurito, ma già il fatto che attraverso il racconto delle storie raccolte tra gli anziani,siamo riusciti a ricostruire pezzi della cultura contadina, rappresenta un punto di partenza. Dall’identità e il senso di appartenenza, non solo si rinfresca la memoria, ma si creano le basi per cercare insieme la strada giusta”.
La consapevolezza delle difficoltà non deve dunque trasformarsi in alibi che giustifichi l’inattività, ma cercare di promuovere azioni sistematiche e coordinate del governo regionale e di quello nazionale. La politica deve saper arginare le difficoltà con opportune strategie. A tal proposito il consigliere provinciale Giovanni Guzzo, residente a Novi Velia, un comune dell’entroterra cilentano, dichiara di voler far sua una proposta per i piccoli comuni da portare in consiglio provinciale: “Questi comuni, soprattutto quelli montani, pur essendo la maggioranza in provincia di Salerno, non hanno la dovuta attenzione e necessitano di servizi basilari; pensiamo al fatto dei punti nascita di Vallo, Sapri e Polla che rischiano la chiusura poiché le normative non prevedono differenze tra i comuni interni e non. C’è dunque bisogno di una rivisitazione ed adeguamento delle direttive. Per cui un sussidio economico è sì importante, ma è l’erogazione di servizi ad essere necessaria poiché aiuta concretamente a vivere meglio e non ė possibile che i servizi basilari siano diversi a seconda delle zone in cui si vive. Anzi, i territori con più difficoltà dovrebbero riscuotere maggiori attenzioni”.
Dello stesso parere anche il consigliere regionale Michele Cammarano, favorevole alla proposta di uno strumento simile a quello molisano anche per la Campania: “Il problema è trovare i fondi necessari per le esigenze della regione Campania, in cui la misura potrebbe anche essere associata al reddito di cittadinanza, ma bisogna prima capire l’entità di ciò che si può muovere e dare; può essere dunque un modo per risolvere lo spopolamento delle aree interne, così come possono esserlo altre proposte. Per esempio, insieme al consigliere delegato all’agricoltura Caputo Nicola stiamo cercando di avere corsie diverse tra piccoli e grandi imprenditori ed aziende per la partecipazione ai bandi del PSR. La Campania è disorganizzata e si preferisce analizzare le grandi pratiche impedendo il nascere e crescere dei piccoli aziende. Nelle aree rurali inoltre c’è poca rappresentanza, la maggior parte dei consiglieri proviene dalle grandi città che catalizzano l’attenzione, sulla base ai consensi, alle zone più popolate. Altro progetto del consigliere è quello di fare una sorta di Banca della terra e dare a compagnie giovani le terre regionali con un’accisa simbolica, per esempio un 1 euro all’ettaro al mese, per coltivare tali terreni e risolvere così da un lato il problema del dissesto idrogeologico e dall’altro quello della mancanza di lavoro e produzione. I sussidi non bastano; i paesi interni sono privi di servizi e stimoli e manca un’offerta seria di turismo interno, ecoturismo, cicloturismo, aperti ad ampi periodi e platee di turisti. Il Piano turistico regionale é fatto malissimo, non si parla concretamente di turismo accessibile ed ecosostenibile. Ma ne usciremo”.
Bisogna dunque guardare al Sud cambiando il polo magnetico da sempre proiettato verso il Nord e migliorandolo con maggiori investimenti, sburocratizzazione e defiscalizzazione non smettendo di credere in questa terra e restando vicino ai territori non con slogan politici, ma in maniera concreta. Solo le azioni coordinate di più amministrazioni possono imporre all’attenzione del governo la necessità di misure efficaci per ripopolare, collegare, ridurre i divari tra aree forti ed aree deboli, mettere in rete i territori e le imprese e promuovere anche un turismo differente da quello costiero che permetta di valorizzare la bellezza dei territori interni spesso incontaminati, ma isolati logisticamente ed istituzionalmente.