Una conferenza stampa in tonalità chiaroscuro ha fatto da sfondo alla presentazione di Giampiero Ventura, il tecnico che guiderà la Salernitana nell’ormai prossima stagione cadetta. La vivacità e la chiarezza degli argomenti trattati è da attribuire esclusivamente all’ex commissario tecnico della Nazionale, molto risoluto nell’esternare principi e riflessioni sul suo modo di intendere il calcio. Il presidente Lotito, seduto al fianco dell’allenatore ligure, sospinto dal suo anacronistico patriarcalismo padronale, non è invece riuscito a smentire se stesso, esibendo ancora una volta una serie impressionante di luoghi comuni e contraddizioni. Ventura è piaciuto per la franchezza con la quale ha parlato dei suoi pessimi risultati alla guida della Nazionale maggiore, rivendicando però con orgoglio il suo passato da allenatore di club e di campo che tanti successi e profitti ha regalato alle società che hanno puntato sul suo lavoro (Lecce, Cagliari e Torino su tutte). Il neo tecnico granata ha ammaliato gli astanti soprattutto per la sua capacità di arrivare immediatamente al nocciolo della questione, evitando scorciatoie dialettiche e parlando di almeno sette/otto elementi da inserire nell’impianto base della sua ambiziosa edificazione calcistica. Fissando anche dei tempi ben precisi, oltre i quali, secondo il suo interessato punto di vista, sarebbe elevato il rischio di compromettere il fondamentale lavoro che una squadra calcistica è chiamata a svolgere durante il ritiro pre-campionato.Una risolutezza manifestata anche nell’intento, tutt’altro che ermetico, di voltare pagina e cancellare le negatività del passato; in sostanza un bel colpo di cassino sulle improbabili speranze lotitiane di ripartire da gran parte dei calciatori della passata stagione. Preciso, Ventura, anche nell’anticipare il modulo tattico che trainerà il prossimo torneo cadetto della compagine granata: difesa a tre, stando bene attento a non escludere la molteplicità delle varianti calcistiche dalla cintola in su (3-5-2; 3-4-3; 3-4-1-2).Nemico dei fronzoli e del chiacchiericcio improduttivo, l’ex allenatore cagliaritano è poi entrato tra le pieghe della sua filosofia pallonara, soffermando l’ attenzione sul fondamentale lavoro da svolgere per regalare alla sua creatura una riconoscibile identità tattica. Una spiegazione intrisa di concretezza e allo stesso tempo di fiducia nei propri mezzi. Partendo dall’accantonamento immediato dei vuoti proclami, ben sapendo che per tagliare il traguardo da vincitori occorre lavorare soprattutto per incrementare i presupposti che ti permettano di centrare la vittoria. Il successo non può mai essere figlio di uno sterile proposito enunciato alla vigilia del campionato. Esso è il prodotto di una serie di fattori che cercano l’efficacia attraverso la capacità di mescolarsi: spunto tecnico, doti atletiche, furore agonistico, fisicità, personalità, creatività individuale ed organizzazione tattica. Ventura, portatore sano di un’autostima calcistica acquisita nel corso della sua lunga carriera e soltanto minimamente scalfita dal fallimento registrato alla guida della Nazionale italiana, è convinto di poter restituire lustro al suo passato (“mi riprenderò i 7-8 anni di calcio vincente della mia carriera”). Una consapevolezza nei propri mezzi che lascia ben sperare e che, soprattutto, trapela nitidamente dalle valutazioni compiute sul calciomercato granata. L’ex trainer del Torino, infatti, è parso quasi poco interessato al tema relativo alla sua reale possibilità di incidere sui nomi che dovranno favorire il rafforzamento dell’organico. Leggendo tra le righe, infatti, la sua unica preoccupazione è quella di poter allenare, ed educare calcisticamente, elementi che, al di là del nome, sappiano giocare a calcio o che siano anche solo potenzialmente attrezzati per imporsi nel calcio che conta. In soldoni, il determinato trainer granata sostiene candidamente che a lui importa soprattutto avere la materia prima, perché a plasmarla e a renderla vincente ci penserà il lavoro da eseguire successivamente. Assenza di umiltà? Assolutamente no, si tratta semplicemente della convinzione di far riemergere ed applicare i variegati principi calcistici che gli hanno consentito di ritagliarsi uno spazio importante nel calcio italiano. Una premessa quasi atipica se rapportata agli inizi stagionali del recente passato. Una sola condizione posta alla società: qualità tecnica degli interpreti e motivazioni importanti. Prima di ritirarsi nel suo laboratorio e creare un prodotto che sappia finalmente incontrare le legittime aspirazioni ed i sogni troppo a lungo repressi della tifoseria salernitana.