È di qualche settimana fa la vicenda che vede protagonista – anche se, avendolo conosciuto, lui non vorrebbe esserlo – l’infettivologo salernitano Luigi Greco, in pensione, richiamato “in trincea” all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona per fronteggiare l’emergenza sanitaria legata al Covid-19.
Greco, dopo dieci giorni di lavoro, è stato licenziato per alcuni “dissidi” con la dirigenza dell’azienda ospedaliera. La notizia è arrivata attraverso una telefonata in cui il medico veniva avvisato che il rapporto di lavoro con l’azienda ospedaliera del Ruggi era stato interrotto. In queste settimane, sono state molti i professionisti, i sindacalisti e i cittadini che si sono schierati dalla parte dell’infettivologo e qualcuno ha voluto anche dimostrargli la sua vicinanza con comunicati e raccolte firme per la sua riammissione tra i corridoi dell’ospedale. “In 42 anni di servizio in ospedale di epidemie e malattie ne ho viste tante – dice Greco – e non si tratta di avere paura, ma ora come ora non tornerei mai”.
Ma come sono andate davvero le cose?
A spiegarcelo è stato lo stesso Luigi Greco, proprio questo pomeriggio, durante una telefonata in cui il medico ha voluto rimarcare il suo punto di vista riguardo alla vicenda attraverso un accorato appello verso chi si trova, attualmente, a ricoprire le massime cariche della sanità pubblica salernitana.
“All’ospedale Ruggi – spiega Greco – hanno deciso di chiudere il reparto di malattie infettive e di trasferirlo completamente all’ospedale Da Procida. Si tratta, a mio avviso, di una scelta scellerata perché in questo modo non si tiene conto di tutte le altre malattie infettive che possono colpire molte persone”.
Dal 6 aprile, infatti, l’ospedale Giovanni Da Procida di Salerno è diventato un Covid Hospital. Tuttavia, le criticità sono ancora parecchie in quanto mancano ancora servizi e attrezzature per rendere efficiente al 100% la struttura e, soprattutto, non c’è ancora un reparto di rianimazione.
Come sostiene Luigi Greco, la maggior parte dei pazienti ricoverati per Covid è formata da anziani il cui quadro clinico presenta anche altre patologie parallele. “Dove li curano se non hanno reparti e manca la rianimazione? Li mandano al Ruggi” – chiarisce Greco.
Allora perché chiudere completamente il reparto di malattie infettive del Ruggi?
“Non tengono conto che, oltre il Covid, ci sono tantissime altre malattie infettive che circolano, anche molto complesse e aggressive – continua il medico salernitano – Se al Ruggi arriva un paziente affetto da meningite o encefalite dove viene curato?”
È, infatti, questo uno dei grandi problemi portati a galla da questa emergenza sanitaria: la sanità pubblica è stata completamente assorbita dalla situazione legata al Coronavirus e difficilmente riesce a seguire con attenzione altre vicende ospedaliere di pari entità.
È di qualche giorno fa la notizia della morte dell’imprenditore Antonio Coppola, rispedito a casa dopo un tampone negativo e stroncato da un aneurisma addominale. Coppola si era presentato al Pronto Soccorso con dei dolori lancinanti alla gamba e febbre, per questo ultimo sintomo si era pensato al Coronavirus e i medici lo avevano sottoposto al test del tampone. Eppure quei dolori erano sintomo di qualche altra patologia che di lì a poco avrebbe ucciso l’imprenditore salernitano. Che si tratti di un altro caso di malasanità? E cosa sarebbe successo se l’arrivo di Coppola all’ospedale non fosse avvenuto durante il periodo dell’emergenza sanitaria?
“Questo virus ci sta comunicando qualcosa – conclude Luigi Greco – Si tratta di un’epidemia planetaria e ora più che mai servono persone competenti a capo del Ruggi. La sanità non può essere più gestita attraverso la politica, ma deve essere portata avanti dalle competenze mediche. Ora basta!”