Con il referendum del 2011 gli italiani si sono espressi a favore della gestione pubblica dell’acqua. Una maggioranza schiacciante, una valanga di voti contro le privatizzazioni, quasi una pietra tombale sull’intera questione. E invece, il perpetuo dibattito italiano sull’acqua pubblica ha archiviato il sonoro pronunciamento di otto anni fa, rigenerandosi al cospetto di norme e provvedimenti inseriti nel marasma dei decreti legge al fine di rendere sotterraneo il loro percorso verso l’approvazione. Un impulso legislativo che, di fatto, ribalta la volontà popolare. È accaduto anche in occasione dei lavori sul decreto Crescita: l’articolo 24 completerebbe il processo di liquidazione dell’Eipli, l’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia nato nel 1947 e reduce da 40 anni di commissariamento. Il decreto legittimerebbe la costituzione di una società per azioni alla quale sarebbero trasferite tutte le risorse, umane e strumentali dell’ente in questione. Una S.p.A, un ente di diritto privato soggetto alle regole del mercato. Una misura che pone le premesse per la privatizzazione dei servizi idrici del Mezzogiorno, è l’allarme lanciato dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua e dalla Rete a difesa delle fonti d’acqua. L’emendamento depositato dalla deputata pentastellata Federica Daga, chiuderebbe ai privati le porte della società prossima a sostituire l’Eipli con il divieto esplicito di cessione delle quote, riducendo la partecipazione al Ministero dell’Economia e alle sole Regioni. Ma i paletti posti dall’emendamento non possono impedire a una società di capitali di entrare a far parte del sistema di regole della concorrenza e del mercato. E d’altronde l’art. 24 del dl Crescita rappresenta per filo e per segno il punto d’avvio di un processo di privatizzazione. È successo con quasi tutte le S.p.A. in casi del genere. Una società per azioni è scalabile e può accogliere capitali privati. Basta un cambio di amministrazione.
In parlamento, l’unica opposizione sulle barricate è LeU, che ha presentato un emendamento a prima firma di Rossella Muroni e ha chiesto di stralciare dal provvedimento l’articolo incriminato e di procedere con l’esame della legge per l’acqua pubblica in Commissione Ambiente. “E’ stato tradito l’esito referendario del 2011 su cui si è espresso il popolo italiano. Vergogna, davvero. Sopratutto al M5S che per anni ha impugnato una bandiera, quella dell’acqua pubblica, e oggi la mette sotto i piedi, sacrificata sull’altare degli accordi di governo”, attacca Nicola Fratoianni. Per i deputati del Movimento 5 Stelle, invece, la forma della S.p.A. consente di sganciare l’ente e il suo indebitamento dal bilancio dello Stato. Il nuovo soggetto sarà sgravato dai debiti e contenziosi pregressi e potrà finalmente operare per mettere mano all’ammodernamento della rete idrica.
Ma sono molteplici i rischi cui questa trasformazione in S.p.A. dell’Eipli espone la rete idrica meridionale. Il richiamo delle multinazionali, innanzitutto, già entrate nella gestione di parte delle fonti regionali assumendone il controllo e producendo disastri, perdite copiose sulle reti e grande profitto per gli azionisti. Acquacampania ha un debito con la Regione che supera i 100 milioni, ma fa enormi profitti che trasferisce in patria. Poi, gli appetiti della criminalità organizzata e la maggiore capacità di infiltrarsi attraverso una S.p.A. Gli appalti per la ristrutturazione dei grandi impianti interregionali del centro Sud costituiscono motivo di grande interesse per le mafie.