Minori, piccolissimo paesino della Costiera Amalfitana, sarà sempre il mio porto sicuro, la fune che lega le mie sregolatezze alle mie certezze. Infinite estati all’insegna di orizzonti senza fine, echi marini, passeggiate tra i percorsi impossibili e vette sterminate dal profumo di limoni, domande su Santa Trofimena, giovanissima martire siciliana la cui salma è giunta a Minori nel VI secolo e della quale si festeggia l’avvento, quattro volte durante l’anno.
Quante volte mia nonna Margherita, mi ha raccontato la storia della giovanissima Patrona, il potere della sua religiosità che avrebbe – tra le altre cose – sventato una bomba durante la grande guerra. La fede, ecco, questo mi ha trasmesso negli anni questo paese; la fede per le piccole cose, quali la lentezza nel vivere le proprie riflessioni sulla Torricella, con l’auto scaraventata a picco sul mare e Mina a tutto volume che rimembra qualche e lunga estate fa. Ogni curva di questo incantevole paesaggio segna la traiettoria verso un nuovo mondo, in cui i suoi roventi cieli rossi delineano ogni impercettibile e irripetibile esperienza: i tanti Gusta Minori estivi, le tavolate natalizie con a capo tavola zio Gaetano, il presepe di Mario con il suo mulinello, i rosari di mia nonna alle 4 del mattino, i primi amori, le melanzane di cioccolato, gli ndunderi di zia Eleonora a ferragosto con 40 gradi, la “ricotta e pera” di Salvatore De Riso, lo zuccotto della Pasticceria Gambardella, o’ cuncierto (tipico liquore locale), gli amici di mio padre e le loro interminabili chiacchierate sulla politica e su come era il mondo e su come sarà.
Non solo estati e bella vita ma anche dissesti, spopolamento invernale e appuntamenti con la cultura e la tradizione artistica. Dall’ultima sarebbe necessario ripartire per soffermarsi sul valore della Natività e sulla tecnica presepiale.
Il maestro Giacomo Palladino, in collaborazione con la Pro Loco di Minori, ha inaugurato il suo Presepe dipinto “Un Vangelo della Natività – Citazione della Natività & Adorazioni dal ‘300 all’800” in esposizione fino al 27 gennaio 2020, tra gli archi e le volte dell’Antica Scuderia a Minori, uno dei palazzi più antichi del paese insieme al Palazzo Braschi, costruiti entrambi attorno al 1700.
“L’Antica scuderia che ospita il Presepe dipinto, in passato era un’abitazione priva di pavimentazione e con un livello del suolo molto più basso – racconta Giuseppe Apicella, presidente della Pro Loco Minori – Fino al 1800, infatti, molte strutture fronte mare, tra cui questa, affacciavano direttamente sul mare, essendo sprovviste di qualsiasi tipo di strada. In un secondo momento, poi il locale è stato adibito a stalla di cui possiamo ammirare le mangiatoie ancora originali, contenenti i cavalli e le carrozze dei signori. Inoltre, quando Re Vittorio Emanuele III veniva a villeggiare a Ravello, l’antica scuderia fungeva da stalla, con i suoi cavalli e suoi scudieri. Mentre l’attuale scuola era l’alloggio dei suoi granatieri. Come non annoverare la tragica alluvione estiva del 1944, in cui persero la vita i due granatieri e i cavalli del Re“.
Un racconto itinerante attraverso la storia dell’arte che ha luogo all’inizio del 1300 e che sfiora diversi secoli fino al 1800. Protagoniste oltre 100 figure che variano dai 50 ai 180 cm, dipinte minuziosamente da Palladino in oltre 30 anni di carriera artistica. I personaggi in questione variano per appartenenza e contesto storico. Sono per lo più interpreti del Nuovo Testamento, pastori storici del 1700 napoletano o legati al Vangelo della Natività, dall’Annunciazione fino alla fuga in Egitto. Il presepe del Maestro e Professore Palladino è un continuo rimando alla stessa varietà popolare della Costiera amalfitana e del suo sublime e sconfinato ambiente naturale: echi interminabili che richiamano il cinguettio degli uccelli, la sonnolenza del dormiglione napoletano, il profumo dei giardini costellati di limoni, la purezza del focolare contadino e del suo bestiame, la spiritualità di San Francesco d’Assisi (di recente realizzato da Palladino), i cittadini comuni minoresi che hanno prestato i loro volti per le scene più variopinte di questo Presepe.
“La coesistenza di tutti in un unico ambiente. Questa è la massima espressione di coesione e interazione. Se fai attenzione alla disposizione del presepe, ti rendi conto che l’ambiente è strutturato in tre parti: nord, centro e sud. Non è stata una scelta casuale la mia, in quanto il messaggio finale è quello di creare un’opera che non escluda nessuno. Il presepe accorpa, unisce, rispetta l’altro. Il presepe è l’opera artistica antirazzista per eccellenza. I dettagli sono l’insieme di un’attenta osservazione. Pensa alla cipolla: si spoglia un poco alla volta e poi si giunge al suo cuore. Il presepe è nato come un laboratorio didattico quando insegnavo a Sondrio. Un vero e proprio momento di partecipazione pragmatico che poi ha preso forma di volta in volta e che negli anni è diventato un tutt’uno.” Queste le parole di Giacomo Palladino, durante una passeggiata il giorno dell’Immacolata sul lungomare del paese. Insieme a noi, il suo fedelissimo compagno Grappino, anche lui ritratto nel presepe dipinto. Parole essenziali, profonde, per nulla distratte e che mi hanno fatto molto ragionare sul senso della circolarità della vita, soprattutto in un momento storico in cui tutto deve essere, per forza di cose, nettamente diviso.
Tra gli estimatori del Presepe dipinto minorese, anche il celebre e rinomatissimo Maestro, Mario Carotenuto che ogni anno andava a visitare l’opera in questione, nonostante le sue precarie condizioni fisiche. Di nuovo, l’intervento partecipativo di Giuseppe Lembo che così ha ricordato quei momenti: “Il Maestro Carotenuto non camminava più nell’ultimo periodo. Gli mettevamo una sedia in modo da potergli far ammirare il Presepe. Era l’anno precedente alla sua morte e lui espresse grandissima ammirazione per il Presepe di Giacomo e per il nostro assiduo lavoro. Come una sorta di confessione silente, pensò che l’allievo avesse proprio superato il maestro“.
Altrettanto significativa anche la testimonianza del poeta e scrittore minorese, Antonio Trucillo che ha scritto in merito: “Il Presepe è tempo congelato in uno spazio, in cento figurine, in un cielo, in un Benino, in un CicciBacco. È contemporaneamente la frammentazione, l’unificazione dei tempi nel tempo: è finalmente quello che vediamo e dove vorremmo rimanere. (…) Ordine informale nel magma della vita, luce in mezzo alle tenebre della realtà, vicino alla verità di ogni altra finzione, ci tiene lontani dalla morte di tutti i giorni, ci avvicina alla sapienza di una specie di un amore per la vita, vuole renderci fratelli, amici, tolleranti, buoni, disposti alla bellezza e al bene, sì, tutto l’armamento delle retoriche che ogni giorno ci viene sbandierato dalla televisione, dai giornali, dalla politica. (…) Ci offre qualcosa di buono e lucente che squarcia il nero del lutto“.