Entra nel vivo il conto alla rovescia che ci consegnerà l’esito delle elezioni in Emilia Romagna. Mancano poco meno di due mesi al 26 gennaio, data di arrivo di questa tornata elettorale, la prima delle sette sfide regionali del 2020. La contesa, ora dopo ora, assume le sembianze di una vera e propria prova del nove per il governo in carica che, in caso di risultato negativo, potrebbe commutarsi nell’ennesima scomparsa prematura di un esecutivo. I pretendenti che si contenderanno lo scettro di Regione sono Stefano Bonaccini – governatore uscente in quota PD – e Lucia Borgonzoni che milita fra i ranghi della Lega e rappresenta la coalizione di centro-destra. Bonaccini è indubbiamente il candidato da battere, dati alla mano infatti l’Emilia Romagna è una regione che gode di un’amministrazione tutto sommato positiva. “On the dark side of the moon” intanto è già stata avviata la prorompente macchina propagandistica del centrodestra che pone i punti principali della propria campagna sull’epica di una contro-liberazione della regione di Bibbiano – non è ancora chiaro da quale acerrimo nemico – costellata dalla consueta piena di castronerie in salsa verde. A detta del leader della Lega Matteo Salvini, infatti, è in ballo una vera e propria rivoluzione del comparto socio-sanitario – affermazione divertente se estrapolata dal canovaccio del “Bagaglino”, un po’ meno se proferita da chi aspira al comando di una Nazione – che prevede l’apertura straordinaria degli ospedali anche durante i fine-settimana cosi come accade in Veneto.
Regna sovrana l’incertezza – come sempre da un po’ di mesi a questa parte – per quanto riguarda la partecipazione del M5S alla “regional tenzone”. I militanti pentastellati – attraverso il “NO” plebisci(eli)tario partorito da Rousseau – hanno difatti rispedito al mittente la pausa di riflessione elettorale proposta da Luigi Di Maio decretando la discesa in campo, a dispetto del momento tutt’altro che roseo, del Movimento. I Cinque Stelle vivono il peggior periodo della loro storia, obbligati del resto a fare la conta dei danni – in termini di consenso e non – che hanno determinato la debacle umbra. Costretti – dagli algoritmi di una piattaforma virtuale – a sciogliere le riserve per definire il nome di un candidato da immolare all’altare di una sconfitta che, salvo ribaltoni, si prefigura ampiamente annunciata.
Tra i toni di un centrodestra che inizia fisiologicamente ad esacerbare gli animi dei propri accoliti ed un centrosinistra che – emblematici i manifesti orfani di sigla PD affissi per Bonaccini – attende i giri di valzer dei “compari” a cinque stelle per entrare nel vivo della campagna elettorale, prende forza ed inizia a guizzare – è proprio il caso di dirlo – con vitalità nel mare magnum del panorama politico un movimento nuovo, fresco, giovanile: le sardine.
Una marea viva formata da ragazzi – slegati dalle logiche di partito – risvegliati da un passaparola che nascendo dai social ha inondato le piazze con numeri importanti, destinati ad aumentare giorno per giorno. Tutto è iniziato in occasione dell’apertura della campagna elettorale di Lucia Borgonzoni a Bologna per poi ripetersi con rinnovato vigore in tutte le città – Modena, Reggio Emilia, Rimini, Parma – in cui i venditori porta a porta di promesse elettorali del “Carroccio” hanno posato le proprie ingombranti ruote. L’obiettivo dichiarato all’alba dei primi passi dalle neonate “sardine” era infatti quello di superare in numero i 5570 simpatizzanti della Lega assiepati sulle gradinate del “Paladozza”, target chiaramente raggiunto e più che doppiato.
Il “Bella Ciao” intonato dai circa 12mila di Piazza Maggiore è la cristallina risposta di una massa libera che non ha bisogno di costruire le proprie argomentazioni arrampicandosi sugli specchi di un odio per corrispondenza. Appare tuttavia stringente esprimere un dubbio che, sebbene i numeri delle “sardine” siano in vertiginoso aumento, pervade la sinistra. Cui prodest – dal punto di vista prettamente percentuale – la rappresentanza di queste piazze in cui spira libero il nuovo vento riformista? Sembrerebbe percorribile – in assenza di un’alternativa di sinistra radicale – la strada del voto utile che potrebbe avvantaggiare la volata di Bonaccini.
È nata dunque un’opposizione all’opposizione che tramuterebbe le ambizioni del centrodestra in cenere. Sono questi i connotati di un’arma ideologica potentissima, atta a respingere con foga la retorica liberticida che, proliferando a dismisura, rischia di stringere i legacci – metafora di una repressione sponsorizzata dalle continue uscite incongrue di Matteo Salvini – della nostra vituperata penisola a forma di stivale.