Dopo 19 anni si conclude la battaglia giudiziaria di Luca Arpino. Quasi vent’anni anni ci sono voluti per dimostrare la sua fedeltà alla divisa e la sua estraneità al clan che faceva capo a Massimiliano Placanico. Assoluzione in primo grado, condanna a cinque anni di carcere in appello. Da ieri, giorno in cui la Cassazione ha finalmente annullato la sentenza di condanna in Appello, il finanziere Luca Arpino è tornato a nuova vita.
L’evento risale ai tempi in cui il finanziere era in servizio a Torre Annunziata. Tutto ebbe inizio con un’accusa da parte di due pentiti i quali sostenevano che Arpino fosse vicino ai Placanico, ai quali avrebbe anche fornito la droga portandola da Torre Annunziata a Salerno. A questo si aggiunse il fatto che il suo nome era venuto fuori già in fase investigativa in virtù di un vecchio rapporto di amicizia, nato quando sia lui che Placanico erano soltanto dei ragazzini. E anche il finanziere fu messo sotto intercettazione.
In fase di udienza preliminare, il Gip di Salerno aveva ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza ritenendo che «non si rinvengono agli atti elementi per poter dare ad Arpino una veste nell’associazione» e, per rispondere alle accuse dell’Antimafia, aveva scritto che che Arpino non abbia procurato clienti al clan sottolineando come, nelle intercettazioni telefoniche, «non si parla di droga né direttamente né indirettamente». Di qui l’assoluzione per non aver commesso il fatto.
Durante l’Appello, pero, qualcosa andò storto e la faccenda si complicò ulteriormente. Erano passati già 15 anni. Dario Iannone, altro esponente di spicco della malavita organizzata salernitana, decide di collaborare con la giustizia accusando nuovamente Arpino e dichiarando di aver saputo della sua collaborazione con il clan direttamente da Placanico. Accuse che, in parte, aveva fatto anche un altro collaboratore, Andrea Cuomo, e di cui Iannone era a conoscenza. Così il finanziere fu condannato a 5 anni di carcere. Ma – come afferma il suo avvocato Felice Lentini – la condanna era arrivata senza che fossero sentiti anche i testi a discarico o una comparazione tra le dichiarazioni dei due pentiti.
Arpino ha ottenuto anche un risarcimento danni per aver dovuto lasciare il lavoro, a questo punto, ingiustamente.