“Rojava resisti. Chi lotta non è mai solo”.
Salerno non è sorda alle urla di dolore che arrivano dai portoni di sabbia della “civilissima” Europa. Questo il messaggio di vicinanza attiva al popolo curdo – avviluppato nelle dinamiche di un nuovo sanguinoso conflitto – affidato ad uno striscione esposto lo scorso 12 ottobre in Piazza Vittorio Veneto. Folta rappresentanza per il presidio di solidarietà, indetto per la giornata mondiale di azione contro l’occupazione turca e la pulizia etnica dei curdi nella Siria settentrionale ed orientale, a cui ha partecipato un nutrito gruppo di manifestanti appartenenti ai vari gruppi dell’ala sinistra cittadina da sempre schierati nella difesa dei diritti umani e civili: Potere al Popolo, Arcigay Salerno, Arci Salerno, Cobas Salerno, Collettivo Handala, Csa Jan Assen, Giovani Comunisti/e Salerno Link Fisciano, Marea MGA, Sindacato nazionale forense, Mumble Rumble, Partito Comunista Italiano – federazione Salerno, Partito della Rifondazione Comunista – Salerno, Bandiera Bianca – Contursi Terme, Associazione Memoria in Movimento – Salerno, Associazione Daltrocanto, Femminile palestinese, Zona Orientale Rugby Popolare, Prospettiva Operaia, Rete Radiè Resch – Salerno, Circolo Legambiente Occhi Verdi, Rete Della Conoscenza Salerno, Frontiera Sud APS, Spazio Pueblo. Il capoluogo campano non è – e non può essere – indifferente all’intensificarsi degli avvenimenti che, nelle ultime settimane, consegnano alle fiamme neo-imperialiste il già martoriato popolo curdo.
Le iniziative proseguono con l’appello per concedere la cittadinanza onoraria della città di Salerno a Abdullah Öcalan, leader del popolo curdo, e per chiedere che il comune di Salerno si schieri ufficialmente contro l’attacco turco al Rojava. Abdullah Öcalan è il simbolo vivente della lotta del popolo curdo, per il riconoscimento e per la sua autodeterminazione. Per più di quattro decenni ha lavorato per trasformare il conflitto da una lotta armata in una lotta politica e raggiungere una pace giusta e duratura, in particolare per quanto riguarda la popolazione che vive in Turchia. Tuttavia egli si trova in un carcere speciale turco, nell’isola di “Imrali” in condizioni giudicate “disumane” dalla corte europea dei diritti dell’uomo (2003). La liberazione di Abdullah Öcalan, spiegano i promotori dell’iniziativa, è un fondamentale contributo alla soluzione del conflitto. “Continuare a mantenere il silenzio ed isolare Öcalan significa contribuire ad ignorare la questione curda in Turchia e non riuscire a compiere passi concreti verso le riforme politiche per una reale democratizzazione”.
Eventi che, oltre a far esondare l’oceano di dolore delle crisi umanitarie, contribuiscono a frammentare il già fragile equilibrio geopolitico mediorientale e rischiano, nell’imprevedibile deflagrare degli effetti collaterali, di rinvigorire i focolai terroristici dello Stato Islamico e, nel contempo, le fisiologiche chiusure che porterebbero in dote nuovi e più spinti isolazionismi. In appena due settimane la repentina smarcatura americana dagli impegni nel nord della Siria ha dato fiato alle mai sopite mire espansionistiche turche. Immediati i soprusi di polvere e sangue dettati da Erdogan: bombardamenti, utilizzo di armi non convenzionali, pesanti violazioni degli accordi internazionali. Il tutto consegnando agli archivi l’ennesima partita a scacchi da giocare sulla carne degli inermi. Sono giornate furibonde che si srotolano veloci fra ventilate minacce, possibili sanzioni da applicare e post-contemporanee atmosfere da “telefono rosso”: scenari già tristemente vissuti.
Intanto scorre tumultuoso il fiume della storia e già annovera, fra le sue sponde, svariati attori: Da Trump a Erdogan, da Assad e Putin, dai traditi militanti dell’YPG curdo fino alle ciondolanti posizioni assunte da una debole Unione Europea – impegnata a rattoppare le proprie incomprensioni economiche interne – in luogo di una ferrea coesione che porti al più presto ad un concordato blocco dei rifornimenti bellici alla Turchia. Si inserisce, in questo contesto, un concetto di vitale importanza: tessere la tela delle proprie idee con fermezza, scendere in piazza per denunciare i diritti negati ad un popolo – quello curdo – che lotta fieramente per la propria autodeterminazione, un popolo ancora una volta immolato all’altare degli interessi, un popolo indebitamente utilizzato come merce di scambio. L’impegno a cui nessuno dovrebbe rinunciare consiste nell’assumersi, in quanto cittadini di un paese che costituzionalmente ripudia ogni forma di guerra, la scottante responsabilità di spendersi nella strenua protezione delle libertà individuali, impegnandosi ad entrare con decisione nel turbine degli accadimenti. Per rintoccare con viva voce nei flutti del tempo è necessario coagularsi in un’unica onda pacifica.
È doveroso mobilitarci per diventare, a nostra volta, armi di sensibilizzazione di massa.