L’ennesima conferma non poteva che giungere dai vertici radunati sul palco di Napoli per la festa dei 10 anni del Movimento. “Un’alleanza con De Luca? Neanche per sogno”, rispediscono al mittente l’invito neanche troppo convinto di parte del Partito Democratico, alle prese con l’ingombrante figura del governatore, in corsa per il bis a Palazzo Santa Lucia. La chiusura di Di Maio e soci è totale e costringe i due partner di governo a cercare strade alternative in terra campana. Non poteva essere altrimenti, essendo proprio il “Sistema De Luca” nel mirino delle varie figure che si sono avvicendate sul palco della kermesse pentastellata. La distanza traspare da ogni dichiarazione, emerge nel distinguo operato con le altre Regioni prossime al voto: l’interlocuzione passa attraversa un progetto comune e un programma stilato da entrambe le forze che lo incarnano. Ma il modello “Umbria”, che Di Maio furbescamente si ostina a non definire alleanza, quasi che una convergenza programmatica fosse soltanto un freddo atto notarile, resterà soltanto un esperimento, magari replicabile in altri contesti dove il Movimento non dovrà vendersi al nemico di sempre. In Campania, il dialogo con il Pd non si chiude ma la condizione posta è una e categorica: mai con Vincenzo De Luca.
In vista delle Regionali campane della prossima primavera, il M5S è al lavoro per farsi accompagnare da una serie di liste civiche, “un progetto con le eccellenze locali, la società civile, i comitati, le associazioni e gli imprenditori”, lo descrive la capogruppo Ciarambino. Un patto civico che dovrà rispettare i principi del Movimento. Senza sussurrare nomi, si traccia anche un identikit del candidato ideale: “Una persona che abbia a cuore, più di ogni altra cosa, il bene della nostra terra e che sia libera dai sistemi di potere. Una personalità sul modello di quella del premier Giuseppe Conte”. La ricerca è in corso, e la scelta avverrà online, come da prassi. Ma all’orizzonte, dietro l’autorevolezza invocata da eletti e sostenitori del M5S, sembra stagliarsi la figura dell’attuale ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Si glissa sul suo nome, lo si protegge da un’esposizione dannosa e prematura. Ma l’assenza di una smentita è anche questa un indizio. Lo stato maggiore del Movimento starebbe pensando proprio a una figura del calibro di Costa per lanciare un segnale di assoluta discontinuità con l’attuale giunta e per godere di una candidatura in grado di rendere fortemente competitivo il progetto del M5S all’interno della contesa elettorale. Una figura traversale, capace di pescare in altri bacini elettorali e di smuovere chi, disilluso da un certo modo di concepire e gestire la cosa pubblica, investito dagli effetti di una perdurante crisi di rappresentanza, andrebbe inevitabilmente a riempire i serbatoi del più grande partito mai visto in Italia negli ultimi quindici anni, quello dell’astensione.