E’ stata una nottata drammatica quella vissuta dagli abitanti di Sarno, alle prese con gli effetti devastanti di un inferno di fuoco di cui la città sembrava preda. Le fiamme, divampate sul monte Saretto proprio in concomitanza con il forte vento, hanno minacciato le abitazioni rendendo indispensabile l’evacuazione di circa trecento sarnesi che solo in queste ore, a fiamme domate, stanno lentamente rientrando nelle proprie case. Gli elicotteri sono intervenuti intorno alle 5 del mattino, portando a termine le operazioni di spegnimento avviate dai volontari della zona. Il sindaco Giuseppe Canfora, barricato nelle stanze del Comune insieme ai suoi assessori, ha chiesto a gran voce l’intervento dell’Esercito Italiano. Dietro il devastante incendio di questa notte, senza ombra di dubbio c’è la mano della criminalità organizzata e di avidi speculatori. E’ risaputo, ma troppo spesso gli efferati crimini contro l’ambiente rimangono impuniti. Le indagini della magistratura faranno il loro corso ma ciò che è certo è che l’eredità di questi incendi, una distruzione pressoché totale del bosco, si riversa su una ferita che ha segnato per sempre la comunità sarnese e l’intera provincia di Salerno, e che riporta alla colata di fango che ingoiò il centro abitato in quel disgraziato 5 maggio di ventuno anni fa, provocando la morte, nella sola Sarno, di 137 persone. Gli esperti attribuirono proprio agli incendi dei mesi precedenti uno dei principali fattori scatenanti del disastro. Il Saretto, invece, grazie alla sua vegetazione fu in grado di proteggere la popolazione da ulteriori smottamenti. Dalla notte scorsa, la questione sul rischio idrogeologico nel territorio sarnese torna prepotentemente al centro dell’attenzione.
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