Dopo la cerimonia dello scorso anno, avvenuta in maniera diversa a causa della pandemia, quest’anno gli Oscar tornano in grande spolvero per la loro novantaquattresima edizione. La premiazione avvenuta al Dolby Theatre di Los Angeles è stata presentata da Regina Hall, Amy Schumer e Wanda Sky, le tre attrici comiche sono state molto brave oltre che a presentare, anche ad intrattenere il pubblico con alcuni sketch. Le tre, durante il corso della serata sono state accompagnate da alcuni volti noti di Hollywood come ad esempio Anthony Hopkins (vincitore del premio di miglior attore protagonista lo scorso anno), Mila Kunis, la quale ha tenuto anche un discorso a denuncia della guerra in Ucraina, viste anche le sue origini. Questi sono solo alcuni dei tanti attori che hanno preso parte allo show, oltre ovviamente a tutti i candidati.
Passando proprio alla premiazione vediamo i vincitori nelle varie categorie candidate.
Partiamo dalla miglior attrice non protagonista dove vediamo trionfare Ariana DeBose (che troviamo nel ruolo di Anita nell’adattamento di Steven Spielberg di West Side Story). Una curiosa casualità è che proprio nel 1961, con West Side Story appunto, la mitica Rita Moreno vinceva l’Oscar come miglior attrice non protagonista. Un plauso in questa categoria va fatto anche a Judi Dench, che alla veneranda età di 87 anni, riesce ancora ad emozionare con le sue performance sul grande schermo e ad essere in lizza per un premio così importante.
Per quanto riguarda la regia, a spuntarla su tutti è Jane Campion. La regista neozelandese alla sua seconda candidatura consecutiva riesce a portare a casa il premio con “Il potere del cane”, film che vede come protagonista Benedict Cumberbatch (candidato tra l’altro a miglior attore), e che arriva agli oscar come il film con più candidature, contandone ben 12.
Passando al miglior film straniero la vittoria va a “Drive My Car”, film giapponese dal genere drammatico. C’è un po’ di rammarico ovviamente, specialmente per l’Italia, poiché tra i candidati c’era anche “E’ stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino. Il regista partenopeo purtroppo torna a casa a mani vuote, ma comunque felice di aver portato ad Hollywood un altro dei suoi capolavori.
A fare collezione di statuette in questa edizione è stato “Dune”, pellicola di Denis Villenueve, che vede come interpreti Timothée Chalamet, Zendaya, Jason Momoa, per citarne alcuni. Il film infatti riesce a portare a casa 6 premi nelle rispettive categorie: Migliori effetti speciali, miglior colonna sonora, miglior fotografia, miglior montaggio, miglior scenografia e miglior suono.
Il premio come miglior film d’animazione va ad “Encanto” che riesce a battere la concorrenza di “Luca”, altro favorito per il premio.
Arriviamo a quelli che sono i premi più attesi della serata, partendo da quello di miglior attore protagonista, dove Will Smith riesce a trionfare grazie ad un’interpretazione magistrale nel film “Una famiglia vincente-King Richard”, storia delle campionesse del tennis Venus e Serena Williams. L’attore statunitense riesce dunque a conquistare la statuetta dopo le candidature del 2002 e 2007, rispettivamente per il miglior attore protagonista di “Alì” e “La ricerca della felicità”. riuscendo a battere tra l’altro attori come Benedict Cumberbatch (citato già in precedenza), Andrew Garfield, Javier Bardem e Denzel Washington. A fare scalpore però è il siparietto avvenuto tra Smith e Chris Rock, con quest’ultimo che ha indirizzato parole poco gradite da Will nei confronti di sua moglie, al che l’attore statunitense si è diretto verso di lui tirandogli uno schiaffo ed inveendogli contro. Durante il suo discorso Will Smith ha ovviamente chiesto scusa all’Academy e a tutti i presenti; non riusciremo mai a capire però se fosse tutto un siparietto oppure no poiché all’inizio l’attore sembrava divertito prima di scatenare la sua rabbia. Inoltre tutto ciò lascia anche una piccola nota di dispiacere poiché questi gesti (sia la battuta di cattivo gusto di Chris Rock, sia la reazione di Will Smith) faranno passare in secondo piano tutte le cose belle che sono avvenute durante tutta la cerimonia.
Tornando alla premiazione invece, vediamo trionfare nella categoria di miglior attrice protagonista Jessica Chastain, all’interno di “The Eyes of Tammy Faye”, premio a mio avviso meritatissimo per l’attrice di Sacramento che durante il suo discorso di premiazione ha denunciato tutte le leggi discriminatorie e bigotte (come le ha definite la Chastain) che hanno l’obiettivo di dividere e non unire. L’attrice ha dichiarato infatti: “Per chiunque di voi là fuori che in realtà si sente senza speranza o solo, so che siete amati incondizionatamente per la vostra unicità”.
Per dare una conclusione degna di nota non si può non nominare “I segni del cuore- CODA” (film che ho amato), che si presente alla novantaquattresima edizione degli Oscar con tre nominations e riesce a fare en plein, vincendo i premi come miglior sceneggiatura non originale (con Sian Heder che ha fatto un lavoro davvero incredibile), miglior attore non protagonista con Troy Kotsur (primo attore sordomuto ad aggiudicarsi la tanto ambita statuetta), e per ultimo ma non meno importante il premio come miglior film; una pellicola drammatica che vede Ruby, una ragazzina di 17 anni che è l’unica persona udente all’interno della sua famiglia. Attraverso questo film, Sian Heder riesce ad esprimere e a far trasparire emozioni anche attraverso il silenzio, cosa per nulla semplice, e ci fa capire l’importanza dell’inclusione, dell’amore per la famiglia e non e dell’importanza di inseguire i proprio sogni in sole due ore di film. Ed è proprio a proposito di inclusione che vorrei appellarmi alle parole dette da Massimiliano Gallo (attore di cinema e teatro, presente tra l’altro nell’ultimo film di Sorrentino), che ha detto in collegamento durante la trasmissione italiana degli Oscar, che bisognerebbe fare di più per le persone sordomute all’interno dei cinema, applicando ai film dei semplici sottotitoli che permetterebbero a tutti la visione del film.
Per concludere, è importante che spettacoli come questo o come ad esempio il Super Bowl siano stati svolti con il pubblico presente; che possano essere eventi come questi a farci tornare alla cosiddetta normalità? Che interessino magari anche il resto del mondo e non solo gli Stati Uniti. Ovviamente è quello che ci auguriamo un po’ tutti.