Tra i caruggi e il mare sento un rimbombo di versi ad inseguire Zena.
Una voce che manca, un’eredità di parole sulle rughe degli ultimi.
Marinella, Franziska e Teresa mancano delle tue corde per ripensarsi altrove;
scivolando nei sogni, dove la realtà con il suo orrore è ben distante.
Faber, gli idioti del domani, ti rimpiangono per far brillare la propria reputazione,
non la loro coscienza; calpestata tra manierismi da salotto e l’insopportabile buonismo.
Ipocrisia del nostro tempo.
I tuoi figgi sono splendide tracce di umanità,
illuminati da quella fragilità che oggi è colpa, debolezza, vergogna.
Perché chi non pensa in direzione univoca, si ritrova solo e invisibile agli altri.
Manca un poeta, un suonatore, un sognatore, che riesca tra tormenti e fumo, a partorire carezze in nota.
Effedia hai avuto quel sesto senso che è l’empatia; la sensibilità di capire e raccontare le tue anime salve, vittime e carnefici di destini di vita in burrasca: con le loro paure, le loro miserie, quell’angosciante dolore tatuato su ogni loro cicatrice.
Senza mai giudicarli.
Anarchico con quello sguardo intriso d’amore; il pensiero critico che non perde di vista l’umanità.
Quell’11 Gennaio del 1999 a Milano, perdemmo tutti, perdemmo te Faber Noster.
Quell’11 Gennaio del 1999 a Milano, perdemmo e ritrovammo Fabrizio De André:
Una Smisurata Preghiera di 58 Primavere.
58 papaveri rossi sulla collina.
Libertà che al denaro non cede e la vanità non consuma.
Memoria e volto degli invisibili.
Amico Fragile.