In dieci anni di raccolta dati Avviso Pubblico ha censito su tutto il territorio nazionale 4.309 casi di minaccia e aggressione nei confronti di amministratori locali e personale della Pubblica Amministrazione, una media di 36 intimidazioni al mese, una ogni 20 ore. È quanto emerge dal 10° Rapporto “Amministratori sotto tiro”, presentato da “Avviso Pubblico”, alla presenza del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.
Il maggior numero di casi è stato censito nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, nell’ordine Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, che insieme raccolgono 2.555 casi (il 59% del totale). Seguono Sardegna, Lazio, Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto. Tutte le province italiane hanno fatto registrare almeno un atto intimidatorio o di minaccia nel corso di questi 10 anni (2011-2020). Domina la classifica la provincia di Napoli, seguita da quella di Cosenza e Reggio Calabria. L’unica presente nella top ten a non essere collocata nel Sud/Isole è quella di Roma (5° posto). La prima provincia per atti intimidatori del Nord è Milano (15° posto).
Nel corso dell’anno, profondamente influenzato dal Covid-19, sono stati 465 gli atti intimidatori, di minaccia e violenza rivolti contro sindaci, assessori, consiglieri comunali e municipali, amministratori regionali, dipendenti della Pubblica Amministrazione (-17% rispetto al 2019, quando furono 559), registrati da Avviso Pubblico in tutto il Paese. Ben 89 le Province coinvolte, il dato più alto mai registrato in 10 anni di monitoraggio. Per la terza volta nella storia di questo Rapporto, i precedenti nel 2017 e 2019, sono stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni d’Italia.
Sul calo delle intimidazioni complessive emerse nel 2020 ha senza dubbio influito la pandemia. Non solo il lockdown imposto nei mesi di marzo e aprile, ma anche il rinvio delle Elezioni Amministrative e Regionali che, inizialmente previste nella tarda primavera, si sono svolte ad inizio autunno. Il periodo che va da marzo a giugno, solitamente coincidente con la campagna elettorale, fa spesso registrare un picco di atti intimidatori che lo scorso anno non si è palesato. Nel 2020, i casi censiti sono stati 169, mentre furono 199 nel 2019 e 210 nel 2018.
Per il quarto anno consecutivo è la Campania a far registrare il maggior numero di intimidazioni a livello nazionale, con 85 casi censiti (furono 92 nel 2019). Seguono appaiate Puglia e Sicilia con 55 atti intimidatori, che fanno segnare un evidente calo rispetto al 2019, rispettivamente del 23 e del 17 per cento. In discesa anche la Calabria (38 casi rispetto ai 53 del 2019), che prosegue un trend iniziato da alcuni anni, che si colloca al 4° posto. La Lombardia si conferma la regione più colpita del Nord Italia (37 casi, nove in meno del 2019), seguita dal Lazio (36 casi, stabile). Chiudono le prime 10 posizioni Veneto (30 casi, uno dei pochi territori in aumento), Emilia-Romagna (25), Toscana (23) e Sardegna (21).
Analizzando i dati per macro-aree geografiche si evince che il 57,5% del totale dei casi censiti (267) si è registrato nel Mezzogiorno, in particolare il 41,1% dei casi nel Sud e il 16,4% nelle Isole. Il restante 42,5% del totale (198 casi censiti) si è verificato nel Centro-Nord, dove si riscontra un aumento del 3,5% dell’incidenza sul totale dei casi rispetto al 2019. Da segnalare come il calo generalizzato dei casi registrati caratterizzi tutte le aree geografiche, ad eccezione del Nord-Est, che passa dai 59 atti censiti nel 2019 ai 68 del 2020.
Il 14,4% degli atti intimidatori censiti nel 2020 (67 casi) si sono verificati in 41 Comuni che, in un passato più o meno recente, sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa.