Disequilibrio nelle restrizioni, ristori tardivi e largamente insufficienti. E una crisi ennesima, dopo quella economica esplosa nel 2008, che rischia di trasformare profondamente i mestieri, trascinando con sé la struttura stessa su cui poggia il mondo del commercio. Tutti elementi che contribuiscono a ricostruire il quadro dell’attuale dissanguamento di una delle categorie più penalizzate dalle misure di contenimento. In una giornata scandita dalla protesta indetta dalla Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa di Salerno) contro la proroga della zona rossa per altri 15 giorni in Campania e la conseguente chiusura di tutte le attività di acconciatura ed estetica, alcuni imprenditori, tra cui Roberto Scafuro, esperto e appassionato hairstylist e titolare del salone ubicato in via Trento 90 a Salerno, imboccano la strada di una lucida analisi nel tentativo di inquadrare i motivi alla base dell’attuale situazione, esulando dalle modalità di una protesta considerata inutilmente simbolica: “A cosa serve una protesta che si limita a un piano simbolico? I problemi sono strutturali e provengono da lontano, dalle crisi passate e dalle trasformazioni in atto, passando per la mancanza di tutela da parte delle istituzioni. Sono da 40 anni sul mercato e mai ho registrato una forma di tutela da parte della politica. In questi mesi ho sentito ripetutamente fare appello alla responsabilità soggettiva di ognuno di noi. E’ vero, se ci troviamo in questa situazione è a causa della nostra irresponsabilità: non siamo stati severi in passato con chi ha sperperato o intascato denaro pubblico, con chi ha portato al collasso la sanità. Ma non condivido la linea di chi scende in piazza, come accaduto ieri a Roma. Il rischio, oltre a infrangere la legge, è cadere nel gioco della strumentalizzazione: accade quando vieni risucchiato nelle fazioni. Per affacciarci al futuro ci occorrono le idee. Dovremmo parlare dei cambiamenti e delle trasformazioni, dovremmo puntare sulla formazione e, anche per quanto riguarda il nostro settore, non rimanere ancorati a vecchie forme, a tipologie di lavoro e figure professionali così come le abbiamo conosciute negli ultimi decenni“.
Sul parere negativo del Comitato Tecnico-Scientifico in merito all’apertura dei parrucchieri in zona rossa, gli operatori del settore lamentano uno sbilanciamento a favore di alcune categorie: “Siamo stati penalizzati, c’è stato un disequilibrio. In altri negozi aperti, anche se considerati essenziali, l’applicazione delle misure di prevenzione e distanziamento avviene in maniera seria?”. Le conseguenze pesanti per un settore che sta pagando il prezzo più alto dell’emergenza sanitaria si ripercuotono sui fitti dei locali da pagare, sulla perdita dei clienti fidelizzati, adesso intenti a rivolgersi agli abusivi, sul pagamento di utenze e tasse, senza contare la totale assenza di un sostegno economico per il comparto nella cornice dell’ultimo decreto licenziato dal Governo Draghi. “I ristori? Sono un’offesa. Con duemila euro cosa ci faccio? Mi lascia un amaro etico. – considera Scafuro – All’Enel, al proprietario dell’immobile cosa gli dico? Le perdite sono ingenti, nessun ristoro potrà mai coprirle, nemmeno in parte. E’ una situazione che si protrae ormai dal marzo dello scorso anno”.
Sugli aiuti da parte dello Stato il senso di rassegnazione prevalente è palpabile nelle considerazioni di Giuseppe Gagliano, Presidente Confcommercio Campania: “È chiaro che la sopravvivenza di bar, ristoranti e parrucchieri non passa per i sostegni passati e futuri che il Governo ha previsto e che si sono rivelati insufficienti e non adeguati a ristorare le perdite subite. Ciò che serve alle imprese, dopo 14 mesi di blocco delle attività, è riprendere a lavorare in sicurezza. La vita sociale sembra scorrere tranquillamente anche in zona rossa, senza applicare il rigore dimostrato per commercianti, ristoratori, imprese del turismo e via dicendo. Questo paradosso ha determinato le più disparate reazioni, ma tutte mosse dalla disperazione ed accomunate dall’intenzione di riaprire le attività, tra gli esponenti delle diverse categorie commerciali che non riescono più a sostenere il prolungamento della chiusura dopo le festività pasquali”.