Ha prestato servizio presso la caserma dei Carabinieri di Pontecagnano Faiano, Mario Cerciello Rega, originario di Somma Vesuviana, il valoroso vicebrigadiere dei carabinieri barbaramente assassinato nella capitale da due americani implicati in una torbida storia di droga nella Roma dello spaccio, costellata di zone franche e aree completamente infestate dalla criminalità. Otto coltellate nel corso del vile agguato l’hanno lasciato esanime: colpi mortali non soltanto per la vittima ma per l’intero Paese, per chi ne ha a cuore le istituzioni e la legalità. Tra i colleghi di Pontecagnano regna l’incredulità e la commozione. Prevale il ricordo, mischiato angosciosamente all’impotenza della perdita. Alla redazione di Paese Sud, chi lo ha conosciuto da vicino dispensa il suo ricordo: “Quando vi era una persona arrestata, lui si prodigava molto. Gli procurava vestiti e cibo. Faceva in modo da offrirgli dignità”. La sua permanenza nella locale stazione di Pontecagnano è durata non più di quattro mesi, quanto basta per lasciare tracce indelebili nei colleghi, compagni di viaggio nel lungo percorso professionale e umano di chi indossa la divisa. La morte di Rega riapre una ferita lunga 27 anni, che riporta all’omicidio dei carabinieri Fortunato Arena e Claudio Pizzuto, uccisi in servizio durante un posto di blocco da efferati latitanti affiliati alla camorra il 12 febbraio del 1992, e che proprio nella caserma di Pontecagnano Faiano stavano prestando servizio. Il Presidente della Repubblica conferì ai due carabinieri la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Fortunato Arena, giovane e coraggioso carabiniere nato in provincia di Messina, era convolato a nozze da soli sette mesi con la sua Angela. Una triste analogia che lo lega a Mario Cerciello Rega, sposatosi lo scorso mese ed appena rientrato dal viaggio di nozze con la moglie in Madagascar. L’uomo di grande umanità che traspare dai racconti dei carabinieri di Pontecagnano, si rafforza con il profilo tracciato da numerose altre testimonianze. L’amore per la divisa, il senso dello Stato, il volontariato, un volto pulito e solare. E la dedizione verso il prossimo. In molti lo ricordano per quel suo appuntamento fisso del martedì sera, quando portava vestiti e cibo ai senzatetto della stazione Termini. La notizia della sua morte si è diffusa trascinando con sé sgomento ma anche producendo manifestazioni di vicinanza in cui i corpi dello stato si sono compattati in un’unica e spontanea reazione all’accaduto. A Roma, a Napoli la Polizia di Stato ha omaggiato il militare caduto a sirene spiegate dinanzi alle sedi del Comando provinciale dell’Arma. Saluto ricambiato dai colleghi carabinieri. Numerosi anche i messaggi di solidarietà giunti da parte delle istituzioni locali, ma anche da comuni cittadini, al Comando Provinciale dell’Arma di Salerno. A Vietri sul Mare una corona fiori a forma di cuore è stata deposta dinanzi alla caserma locale. Il sacrificio di Mario Cerciello Rega ha momentaneamente ripristinato e diffuso un senso di unità nel paese, nonostante una giornata, l’ennesima, animata dalla strumentalizzazione politica, in cui si è scatenata la propaganda sovranista, emanando le sue sentenze immediate e sguazzando negli slogan ormai consunti con un accanimento fuori luogo. L’indicazione dei colpevoli, i presunti nordafricani, priva di rettifiche. Dopo l’arresto dei due americani, effettivi colpevoli del truce omicidio, la propaganda ha taciuto chissà se con qualche imbarazzo. L’arretramento della politica, in una situazione del genere, è da considerarsi una priorità imprescindibile. E’ l’intero paese a dover piangere lo sfortunato vicebrigadiere.