I giudici del Tribunale di Vallo della Lucania hanno respinto la richiesta di opposizione all’archiviazione presentata dai legali della famiglia Gautier, escludendo omissioni oppure ritardi nei soccorsi. Si concludono così le indagini sulla morte dell’escursionista francese Simon Gautier, avvenuta tragicamente il 9 agosto del 2019 in seguito alla fatale caduta in un dirupo lungo la costa di Scario.
La Procura di Vallo della Lucania aveva chiuso l’inchiesta con la richiesta di archiviazione escludendo omissioni oppure ritardi nei soccorsi: “Le attività di indagini compiute dai vari reparti – scrissero dalla Procura – non hanno consentito di rilevare elementi di responsabilità di tipo omissivo della macchina dei soccorsi, ma solo delle sfavorevoli congiunture che hanno determinato un ritardo incolpevole nelle operazioni di ricerca e ritrovamento del corpo di Gautier. Ciascuno dei soggetti coinvolti nelle attività di ricerca del giovane è stato attivato con solerzia, estendendo la richiesta di soccorso, finalizzata alla localizzazione , ai reparti in grado in quel momento di offrire un contributo utile alla causa, adoperandosi al meglio in base ai dati e alle informazioni necessarie, precarie e frammentarie, raccolte fino a quel momento e implementate nel prosieguo delle attività”. Ma il legale della famiglia sollecitò il giudice all’imputazione coatta per omicidio colposo nei confronti di chi avrebbe omesso di intervistare correttamente Simon, di trattare i dati da lui riferiti, di comunicarli e di allertare la macchina dei soccorsi. Fu inoltre chiesta l’identificazione della prima operatrice del 118.
Le richieste del legale fanno seguito agli innumerevoli interrogativi che hanno attanagliato la famiglia Gautier fin dal ritrovamento del cadavere, riassunti nel blocco di quesiti consegnati dal padre della vittima alla Procura di Vallo della Lucania ai fini dell’apertura di un’inchiesta che facesse luce sulle zone d’ombra della vicenda. Le richieste, formalizzate nelle ore immediatamente successive al recupero della salma, erano cinque: 1) perché, come, dove e a che ora è morto Simon; 2) perché la telefonata al 118 non ha permesso di geolocalizzarlo; 3) perché non l’hanno aiutato a geolocalizzarsi da solo; 4) perché il 118 ha chiuso la telefonata; 5) perché il ritardo nei soccorsi.
Dopo lunghe ricerche, il corpo senza vita del 27enne studente francese Simon Gautier, disperso da nove giorni dopo un’escursione sui monti attorno al golfo di Policastro, fu ritrovato in fondo a un dirupo profondo alcune centinaia di metri. Intercettando tramite un drone lo zaino del ragazzo in località Belvedere di Ciolandrea, nel comune di San Giovanni a Piro, poco distante da dove poche ore prima erano state trovate tracce di sangue, gli uomini del soccorso alpino ritrovarono il cadavere. Le operazioni di recupero, furono disposte ed ebbero luogo la mattina successiva in considerazione delle difficoltà derivanti dalla zona impervia e del buio della notte. Un recupero complicato, proprio a ridosso di ripide scogliere a strapiombo sul mare. Il corpo fu adagiato su una barella per essere trasportato con le corde lungo il pendio. Simon Gautier morì a seguito di una grave emorragia che ha avuto origine nella gamba sinistra che presentava rotture dei principali vasi. Sul corpo del ragazzo, in avanzato stato di decomposizione, furono riscontrate fratture esposte e composte ad entrambi gli arti inferiori.
“Sono caduto in una scarpata, ho le gambe rotte, aiutatemi, vedo il mare ma non so dove mi trovo. Sto morendo di male, venite, vi prego”. Fu l’ultimo drammatico messaggio trasmesso il 9 agosto dalla voce rotta e sofferente di Simon Gualtier alla centrale operativa del 118 della Basilicata. Nel corso della stessa telefonata, il ragazzo riferiva di essere partito da Policastro Bussentino e di essere diretto a Napoli. Era proprio questo, infatti, l’itinerario tracciato dal giovane ma esperto escursionista, intento a percorrere a piedi l’intera costa del Cilento per giungere entro fine mese nella città partenopea. Non era la prima volta che Simon si cimentava in imprese del genere. Quella notte fatale, però, ha imboccato un sentiero considerato “molto pericoloso” dagli stessi esperti di trekking.
Poi la chiamata per chiedere soccorso e l’avvio delle ricerche: decine di militari e di volontari, tra cui una ventina di amici del ragazzo giunti dalla Francia nel Cilento, presero a battere il comprensorio, percorrendo sentieri, esplorando anche i tratti più impervi, tra pareti rocciose e dirupi a picco sul mare. Droni, cani molecolari, la mobilitazione degli abitanti della zona. Gli inquirenti, basandosi sulla cella telefonica da cui è partita l’ultima chiamata effettuata da Simon, hanno definito dapprima un raggio d’azione di circa 21 km, da Maratea a Punta Infreschi, per poi restringerlo attorno al Monte Bulgheria. Poi il drammatico epilogo di una vicenda che ha tenuto con il fiato sospeso tutto il Paese. E destinata a esaurirsi con il dolore per la perdita, accidentale e tragica, di una vita giovane e libera.