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Coronavirus, pillole di endemica ignoranza

Festeggiare la negatività dei tamponi per strada, magari infrangendo le norme di decreti governativi e le successive – ben più restrittive – ordinanze regionali diramate urbi et orbi dal Governatore De Luca. Accade anche questo nel “mulino che vorrei”, la regione delle contraddizioni. La regione della Sibilla, lembo felice di Magna Grecia, ultimo avamposto di abbracci e speranze ma anche di un senso civico a tratti sfuggente paventato in primis da chi rappresenta – o almeno, sulla carta, dovrebbe – le istituzioni.

Eroe di giornata Adamo Coppola – primo cittadino di Agropoli – che induce la popolazione ad una prudenza spifferata a cadenza regolare tramite accorati appelli social, salvo poi gioire a furor di popolo per aver debellato il rischio contagio. In soldoni: un #restateacasa a corrente alternata. Eccole dunque le trame surreali del potere, una rottura della quarta parete in perfetto stile Diderot. Il sindaco esulta, si concede il bagno di folla per vie e piazze, fra le sue genti, il suo popolo. Dimenticando che, oggigiorno, le strette di mano e le distanze sono regolamentate, oltre che dalle misure di un buonsenso che non guasta, anche da ferree normative igienico-sanitarie. Si potrebbe citare quel motto rubato alla cinematografia, ripreso poi dagli stadi e, all’occorrenza, stravolto:“Chi festeggia resta sano, almeno per un po’.” Sconsideratezza al potere, sentimento comune dei nostri tempi. Effetti collaterali di una classe politica che non ha giovato di alcuna formazione, se non la banale corsa al potere del “chi primo arriva meglio alloggia” e poi, magari, governa. Dalla tracotanza sorge quindi la questione focale del sentirsi super partes – spesso a discapito dei propri stessi elettori – perché, tutto sommato, si è parte sbiadita di un drappello istituzionale mal costituitosi negli anni.

Non se la passano meglio alcuni – i più invasati – adepti di nostro Signore. A fine febbraio nel Vallo di Diano si è tenuta una tre giorni di convention da parte dei neocatecumenali. Preghiere e inni all’Altissimo consacrati da una bevuta collettiva – in nome del più saldo dei dettami di fratellanza cristiana – dal medesimo calice. Tutto a favore di un morbo che, a quanto pare, non è possibile fermare impugnando breviario, acqua santa e crocifisso, tutt’altro. Spuntano, perciò, come funghi i primi casi di contagio, un climax di terrore e quarantene, poi le successive chiusure e, purtroppo, la prima vittima registrata in Campania. Un atteggiamento sconsiderato – esemplificativo di un sentirsi “super partes”, stavolta, in nome della religione – che verrà colpito da sacrosante azioni penali. Tutto viene a dimostrazione del fatto che laddove non arriva la fede, talvolta, è costretto ad intervenire un Sistema Sanitario che al Sud – Ahinoi – è ingolfato come pochi.