SALERNITANA-ASCOLI: L’ANALISI DEL MATCH

Prevedibile come una scazzottata in un film di Bud Spencer e Terence Hill, la Salernitana rispetta alla lettere il copione della sua mediocrità attuale e conquista contro l’Ascoli un sofferto punto, accolto con sonorissimi fischi da una tifoseria sempre più insoddisfatta e disillusa. La trama del match non lascia spazio alla fantasia, con un primo tempo appena accettabile, il gol del vantaggio raggiunto più o meno meritatamente e un prosieguo di partita ricco di strafalcioni tecnico-tattici e di sofferenze assortite. Infine, per la prima volta in questo campionato, il post partita è stato monopolizzato dal piagnisteo societario in forma di silenzio stampa, con il tentativo di sdoganare l’ennesima prova incolore della squadra aggrappandosi al gol annullato ingiustamente a Gondo. Errore evidente dell’arbitro, ma i ragazzi di Ventura hanno giocato una partita troppo brutta per sperare di scaricare interamente sulla giacchetta nera le colpe della loro mancata vittoria. Per il resto, nessuna novità di rilievo rispetto al trend dell’ultimo periodo. Giampiero Ventura si ostina a portare avanti un discorso tattico che non riesce ad essere recepito ed interpretato correttamente dai suoi calciatori. Alcuni movimenti. individuali e collettivi, non riescono a fare breccia nella fase di apprendimento della squadra, la quale è già costretta a disputare le sue gare con un evidente fardello sulle spalle rappresentato dall’assenza di attaccanti affidabili per la categoria. 

Tanti gli errori tecnici ed i disordini tattici registrati anche nella gara di ieri contro i bianconeri di mister Zanetti. A salvarsi sono stati in pochi, con un sette pieno da assegnare ai soli Micai e Lombardi, alle cui prestazioni si deve la conquista di un punticino che la squadra, nonostante la svista arbitrale, non avrebbe forse meritato. L’Ascoli ha giocato meglio, mostrando maggiore qualità e carisma. Le uniche azioni offensive degne di nota di Di Tacchio e compagni sono quelle scaturite dai rari momenti in cui la circolazione del pallone è stata rapida ed essenziale ed ha trovato subitaneamente la corsia destra presidiata da un Lombardi ispirato. L’ex laziale, servito con i tempi giusti, soprattutto nel primo tempo, ha messo in difficoltà il dirimpettaio Padoin, fino a trovare una rete di pregevole fattura. Per il resto, la manovra granata, resa scontata da un palleggio lento e timoroso nella prima impostazione, dall’assenza di attaccanti in grado di uscire dai blocchi difensivi per governare il pallone e consentire alla squadra di distendersi compatta in avanti, non è riuscita a produrre una proposta offensiva intensa ed imprevedibile. A rendere ancora più snervante la sterilità degli uomini di Ventura, infine, ci hanno pensato le giocate leziose ed irritanti di Kiyine, l’unico elemento capace di partorire lo strappo tecnico estemporaneo per spaccare la partita, ma ormai da tempo sempre più vittima del suo infruttuoso narcisismo calcistico.

Le altre due opportunità offensive granata (il tiro di Djuric respinto da Leali ed il gol annullato a Gondo) sono figlie di sviluppi di gioco occasionali. Ben più corposo ed altrettanto preoccupante è il capitolo relativo alla fase difensiva della squadra.Inizio discretamente ordinato e facilitato da un Ascoli non troppo disposto a derogare da una tranquilla fase di studio. Di Tacchio agisce da pendolo tra le linee per neutralizzare i movimenti di trequartisti e mezzali, con i tre difensori centrali pronti a giocare ad uomo (Karo su Da Cruz, Billong su Scamacca, Pinto su Charija) quando i due fantasisti marchigiani affiancano il centravanti nei pressi dei sedici metri granata. La tranquillità della gestione difensiva lascia il posto all’ansia e al disordine tattico quando gli uomini di Ventura sono chiamati a fare la partita. Apprensione, inoltre, che si materializza tutte le volte che l’avversario alza i ritmi facendo circolare velocemente il pallone, regalando pochi punti di riferimento ed attaccando lo spazio. Quando la squadra granata prova a giocare, quasi inevitabilmente, cominciano i suoi problemi difensivi. Perché gli attaccanti si lasciano spesso anticipare, dando agli avversari la possibilità di rendersi pericolosi attraverso le ripartenze negli spazi concessi dai tentativi di avanzare dalle retrovie per supportare le punte (Gondo e Jallow perdono molti palloni e innescano le verticalizzazioni di rimessa dei calciatori ospiti). 

La sostanziale sfiducia della squadra granata nella capacità delle punte di difendere il pallone e favorire gli inserimenti degli altri calciatori di movimento, a ben vedere, genera un’altra notevole problematica tattica. Infatti, difensori e centrocampisti non accorciano mai convintamente sugli attaccanti, sostando spesso in una sorta di terra di nessuno che regala enormi praterie alle azioni di rimessa rivali (nel secondo tempo, Da Cruz riparte avendo circa 30 metri di campo da sfruttare). In sostanza, la scarsa capacità degli attaccanti di giocare con e per la squadra è alla base delle cattive coperture preventive effettuate da centrocampisti e difensori. I limiti difensivi granata emergono anche quando le squadre avversarie pigiano il piede sull’acceleratore, smettono di regalare punti di riferimento e si affidano ai movimenti senza palla. La squadra di Ventura fatica a restare corta e stretta, non esercita un pressing coordinato sui portatori di palla e quasi sempre concede l’imbucata e l’agibilità tra le linee ad attaccanti e centrocampisti offensivi ascolani. Nel secondo tempo, approfittando di queste praterie esistenti tra la linea difensiva ed il centrocampo, dell’apatia delle punte granata anche in fase di non possesso, gli ascolani Da Cruz, Cavion e Petrucci, coadiuvati dalla fisicità e dalle sponde di Scamacca, hanno ripetutamente messo in difficoltà la fase difensiva disarticolata di Giampiero Ventura. Le occasioni da gol non capitalizzate dagli ospiti sono state diverse, con un Micai provvidenziale e in serata di grazia. Ma la fase difensiva granata desta preoccupazione per altri due motivi: la superficialità e l’insicurezza che accompagnano la gestione dei disimpegni, ed una sorta di distrazione strutturale che colpisce i singoli in ogni partita. Ricordiamo il ‘folle’ colpo di testa di Karo ad inizio ripresa, ma anche due errati e rischiosissimi passaggi di Billong e le diverse titubanze nei tempi di uscita del giovane Pinto. Infine, assolutamente rivedibile anche il presidio difensivo dei propri sedici metri. Non si può consentire (vero Billong?) al centravanti avversario, tra l’altro molto prestante, di saltare indisturbato e far gol. Rete sfiorata da Scamacca anche qualche minuto prima, quando abbiamo dovuto addirittura registrare il vano tentativo di Kiyine di contrastare nel gioco aereo il possente centravanti romano. Cosa dire, infine, della dormita di un Karo completamente incurante della presenza di Scamacca alle sue spalle nell’occasione dell’assist di testa che ha attraversato l’intera area piccola granata? Insomma, alla luce di quanto detto, sarebbe il caso di accantonare immediatamente i vittimismi di matrice arbitrale ed ammettere che la Salernitana è una squadra che palesa evidenti problemi di organizzazione tattica e di tenuta mentale. Lavoro duro sul campo e in sede di potenziamento tecnico: queste le prossime funzioni da annotare in agenda. Tutto il resto è una stucchevole ed ormai poco credibile operazione di alpinismo sugli specchi. 

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