La fine di un mondo

di Fra Nicola Verde

Prendo a prestito questa espressione da Ernesto de Martino (1977) per indicare i passaggi dei mondi, la “fine dei mondi” culturali (le apocalissi culturali) e l’inizio dei mondi nuovi. La malattia, ogni malattia, porta la dissoluzione di un mondo, del mio mondo, quello che abito quotidianamente. Ancora di più, un’epidemia mondiale come quella del Covid-19, fa crollare non solo il mio mondo ma quello di tutti. Il virus ha sgretolato le nostre invenzioni economiche e sociali. Ha abbattuto i confini che abbiamo inventato per dirci diversi dagli altri, ha spostato le frontiere, ha chiuso porte, porti e aeroporti per aprire reparti (sanitari). Sono crollate le nostre strutture economiche, sociali e politiche. L’Europa ha mostrato la sua impalcatura di paglia. Era tutta un’invenzione. Ogni mondo è un’invenzione, perciò può crollare. Un mondo sta crollando o forse è già crollato.

È la “storia che sporge” (De Martino). Ogni anno con la passione morte e risurrezione di Gesù celebriamo proprio la fine di un mondo, la distruzione di un mondo. Gesù con la sua passione distrugge un mondo con le sue strutture di peccato: un mondo politico e religioso che schiaccia e strumentalizza l’uomo. Un mondo che metteva al centro il sabato e non l’uomo, l’idolo del denaro-potere e non il Dio Vivente. La passione di Gesù distruggeva quel mondo e mentre lo distruggeva ne generava un altro. Nasce un mondo nuovo dalle doglie del parto. Sempre. Il punto di incontro dei due mondi, il ponte tra i due mondi è l’Ultima Cena. È il Corpo di Gesù. Quella notte, il buio della menzogna di un mondo fatto di egoismo e invidia viene vinto dalla luce del Regno di Dio, dall’Amore Eucaristico che si spezza e si dona, e mentre il Corpo di Gesù viene consegnato al mondo delle tenebre, per essere distrutto dalla morte, Egli stesso consegna il suo Corpo di luce alle mani dell’uomo amico e fratello. Un Corpo viene distrutto e un Corpo nuovo nasce. La Pasqua è sempre fine del male e inizio dell’Amore.

Tra pochi giorni inizia la settimana di passione di Gesù e quest’anno celebreremo il mondo che sta crollando sotto i nostri piedi. La tentazione è sempre la stessa: quella di farci scendere dalla croce e non lasciare che questo mondo crolli e muoia. La tentazione è quella di volerlo rimettere in piedi: far ripartire l’economia, rimettere in circolo finanza per non perdere lavoro, creare ammortizzatori sociali e bond per tenere su tutto, sostenere le banche aspettando che passi lo tsunami del contagio. Ma siamo proprio sicuri di voler rimettere in piedi il mondo di prima? Siamo proprio sicuri di non volerlo fare crollare? Non è forse un’opportunità per noi lasciare morire questo mondo così costruito? L’Idolo mostra tutta la sua inconsistenza, ha occhi ma non vede, ha bocca ma non parla. Vogliamo proprio tenere in piedi un’economia ingiusta che sfrutta l’uomo crea ingiustizia e povertà nel mondo? Un economia che cerca il profitto ad ogni costo; un lavoro che sfrutta l’uomo e la donna senza scampo e senza spazio di riposo per la famiglia; un’economia capitalista che consuma ogni risorsa del creato sfruttando le sorgenti della terra fino all’ultimo. Una politica chiusa e vuota senza valori e senza un progetto comune, incapace di guardare all’altro come un dono e non un nemico. Siamo proprio sicuri che dobbiamo far ripartire tutto? O forse non dovremmo lasciarlo morire questo mondo politico, economico, giornalistico e consumistico per fare posto al nuovo mondo? Dobbiamo rinascere dall’Alto, rinascere come chiesa e come società.

Da dove ripartire? Da “quella notte…”, dal sacrificio di quanti stanno morendo per il contagio, dal sacrificio di chi è nella notte della solitudine per un virus che ti fa morire prima di morire, tagliandoti ogni relazione di affetto e di vicinanza, dal sacrificio di chi dona la vita per donare cure. Il nostro stare a casa è una morte sociale, una morte simbolica, e purtroppo per tanti può diventare una morte psicologica e violenta, dolorosa quanto quella fisica. Da questa notte/morte dobbiamo ripartire: fate questo in memoria di Me. Il mondo nuovo del Cristo è un mondo eucaristico che sa ringraziare per il dono del fratello che è con me, che sa ringraziare e lodare Dio per il pane e per il vino di ogni giorno, che sa vivere il lavoro come condivisione e costruzione di relazioni sociali fatte di servizio e giustizie.

Il nuovo mondo non può che partire dall’Eucarestia, da ciò che proprio in queste settimane ci manca di più. È l’ultima cena il luogo creativo che rompe l’individualismo e crea solidarietà. È lo spazio che può fare nascere un mondo nuovo se sapremo viverla come spazio sociale, politico e culturale che tesse relazioni di fraternità, di gratuità e di servizio. Rinascere per noi vuol dire costruire comunità eucaristiche, società conviviali e ospitali che hanno tempo e si danno tempo, che mettono al centro Dio, il fratello e il creato per un cantico di lode. Quando tutto questo finirà, alcuni, non tutti, usciranno dalle case e si apriranno le porte come a Pentecoste, si incontreranno e si vedranno. Saranno come vivi tornati dai morti. Corpi di luce, fratelli e sorelle, senza confini.

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