Dieci giorni per infiammare Salerno e rendere credibile la società

Rivisitata tatticamente da Giampiero Ventura, la Salernitana vince meritatamente sul campo del Pescara, entra in piena zona play off e, supportata da una crescita evidente sul piano dell’autostima, si regala la consapevolezza di possedere i mezzi tecnici per recitare da vera e propria mina vagante fino al termine della stagione. Esistono tutti i presupposti per rendere entusiasmante un torneo che, escludendo il Benevento destinato a disputare un campionato a parte, autorizza a pensare in grande. Questo è il ragionamento meramente calcistico e teorico, poi esiste una realtà, quella societaria, che dovrà creare le condizioni affinché un sogno appena abbozzato possa tradursi in vissuto finalmente trascinante. Come già evidenziato più volte in passato, la squadra annovera calciatori in grado di fare la differenza, soprattutto nel reparto che accoglie i fantasisti a cui è affidato il compito di creare soluzioni offensive da distribuire alle punte, ma continua a palesare delle lacune che, colmate, creerebbero le condizioni di campo per consentire al tecnico e al gruppo di affrontare il lavoro quotidiano ponendo nel mirino anche l’obiettivo massimo, ossia la promozione diretta.

L’incoraggiante copione tattico rappresentato in terra abruzzese, incentrato su un 4-4-2 più consono alle caratteristiche tecniche dei calciatori presenti in organico, offre all’ex ct della Nazionale l’opportunità di rendere ancora più variegato ed imprevedibile il suo spartito pallonaro. Una doppia opzione tattica che regala la possibilità di mutare uomini e schemi in base alle caratteristiche dell’avversario di turno e alle condizioni psicofisiche dei calciatori da gestire nelle restanti diciotto partite. Insomma, le indicazioni che arrivano dal terreno di gioco invitano a coltivare speranze e moderata fiducia, con una tifoseria che anche domenica ha seguito la squadra massicciamente e con il consueto calore.

Quelli che ci apprestiamo a vivere, considerando i tasselli già presenti nell’ambizione latente del popolo granata, sono dieci giorni davvero cruciali ai fini delle prospettive autentiche della compagine diretta da Gian Piero Ventura. Detto delle grandi potenzialità tecniche di un complesso che, però, attende le necessarie rifiniture per recitare da assoluto protagonista, di un pubblico che non ha rivali a queste latitudini, di un campionato accessibile addirittura in chiave promozione diretta, per trasformare in realtà tangibile il dormiente potenziale di entusiasmo della piazza e della squadra manca un intervento ‘illuminato’ della proprietà capitolina. La gara casalinga contro il Cosenza, che vedrà una presenza massiccia di tifosi allo stadio finalizzata ad accelerare, attraverso una vibrante contestazione, una svolta per le sorti future dell’ippocampo, potrebbe cambiare i suoi connotati originari se Lotito e Mezzaroma, assumendo una condotta lungimirante sul piano operativo e relazionale, utilizzassero sapientemente le giornate che ci separano dal match contro i silani rossoblù e quelle immediatamente successive. Gli innamorati del cavalluccio, estenuati e sviliti da quattro anni demotivanti e forieri di pessimismo, impiegherebbero poco a riconoscere un mutamento di rotta suffragato da elementi oggettivi ed inoppugnabili. Quali? Il completamento, immediato e deciso, di un organico a cui manca davvero poco per essere protagonista alla pari (se non in misura superiore) delle squadre impegnate a conseguire l’approdo in massima serie. Obiettivo ampiamente alla portata, con soli sei punti da recuperare sulla seconda in classifica ed altri cinquantaquattro in palio. Cosa manca a Djuric e compagni per sperare di compiere l’auspicata impresa? Un’operazione di rifinitura tecnica che può essere ostacolata solo dalla volontà di non realizzarla. Nei dettagli: un terzino destro di ruolo, abile in entrambe le fasi di gioco, per regalare continuità alla proposta tattica incardinata su una linea difensiva composta da quattro elementi. Innesto da affiancare ad un altro centrale difensivo di spessore (Aya è un discreto difensore ma serve un leader di consolidata esperienza), considerando che Billong e Pinto sono scivolati nelle retrovie delle gerarchie venturiane, che Migliorini continua ad esprimere un rendimento al di sotto della sufficienza, che tante sono le incognite che avvolgono i destini calcistici immediati di Heurtaux e Mantovani e la crescita tattica non ancora completata di Karo e Jaroszinski. Sfoltire ed integrare, ben sapendo che per essere costantemente competitivi devi avere a disposizione – sia che si giochi con due o tre centrali – almeno cinque dioscuri di livello superiore alla media. Il buon periodo di forma attraversato da Djuric, inoltre, non riesce a celare un’evidente carenza di incisività e qualità del reparto avanzato. La Salernitana ha bisogno di un attaccante che liberi il volitivo Milan dalla responsabilità di arrampicarsi sempre in cielo per far gol. Un goleador capace di diversificare il tasso di pericolosità offensiva della squadra e di completarsi con le caratteristiche tecniche e fisiche dell’ariete bosniaco. Infine, altrettanto importante, seppur non prioritario, appare l’innesto di un centrocampista in grado di agire sia da metodista che da interno di corsa abile in fase di inserimento e di pressione sui portatori di palla avversari. Quattro innesti per consentire alla squadra di recitare da autentica protagonista nel girone di ritorno.

Accanto a questo ambizioso (ma decisamente alla portata) progetto di potenziamento, la società granata dovrebbe comprendere che è ormai giunto il momento di dar vita ad un virtuoso processo di riappacificazione con la piazza, fondato sul rispetto della storia del club e delle legittime aspirazioni covate da una tifoseria che non ha nulla da invidiare a molte torcide militanti in serie A. Un riavvicinamento genuino, figlio di una consapevolezza emotiva e di un’onestà intellettuale che accantonino strategie contabili, sostanziale disinteresse ed anacronistici atteggiamenti patriarcali. Poche mosse per riconsegnare, con atti concreti e parole mai udite, il calcio all’ineguagliabile dimensione affettiva espressa dalla città. Ennesimo passaggio cruciale per spazzare via le quadriennali macerie e gettare le fondamenta di un futuro finalmente diverso. Giorni che avvicinano ad un bivio: cancellare l’approssimazione di un recente passato calcistico indigeribile gettando le basi per l’ingresso in una nuova era, oppure continuare a percorrere il sentiero di un’ostile incomunicabilità, destinata a condurre la passione del popolo granata nel vicolo cieco di una progressiva ed inevitabile estinzione.

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