Coronavirus, fenomenologia delle inesattezze

Ancorati all’attesa che procura l’eco sinusoidale delle 18 in punto, così scorrono i giorni. Il puntuale bollettino della Protezione Civile entra in contrasto con il nozionismo spicciolo (il più delle volte estrapolato dalla premiata facoltà ippocratica di Wikipedia) di chi si configura alle complesse trame dell’epidemiologia senza averne meriti specifici. A metà strada fra gli appelli dell’Istituto Superiore della Sanità e drappelli di “Self Made Men” c’è l’universo dei normali utenti, persone che annaspano – in cerca di notizie certe – fra le mareggiate violente delle Fake News diffuse ad arte dai soliti cinguettanti sovranisti.

Deserti di incomunicabilità, l’imperativo è votato al solito, banale, destabilizzante, consenso. Ed è così che un servizio del “TGR Leonardo” andato in onda nel “lontano” (se rapportato al continuo flusso delle notizie) 2015 viene decontestualizzato diventando tavola imbandita attraverso cui sfamare battaglioni di complottisti. Intuizioni cospirative – ben rinfocolate dall’istantaneo re-tweet del tandem Salvini-Meloni – tese a diffondere l’erronea convinzione che il Covid-19 sia stato creato in un segretissimo laboratorio cinese (talmente segreto da aver ospitato le telecamere di mezzo mondo). Virus che invece, stando alle voci di una comunità scientifica di gran lunga più attendibile, vede la sua genesi in natura. La dimostrazione – semmai fossero servite altre conferme – che la disinformazione ha effetti molto più gravi e, se veicolata dagli arcinoti tromboni “acchiappa-followers”, ha diffusione molto più veloce del coronavirus stesso. Dapprima i rettiliani, le scie chimiche, i terrapiattisti e i vaccini al piombo, ora (alimento base per un’antologia fantascientifica destinata a numerosissimi adepti, inabili a discernere fantasia da realtà) l’idea che sia stato varato un piano utile alla calcolata decimazione del genere umano.

Perpetrato così, chiaro e palese, l’andazzo di un’informazione “fai da te”. Informazione formata non più da una certosina verifica delle fonti ma da miriadi di bloggers senza valenza alcuna che dettano i tempi dell’opinione pubblica. La fondatezza non è data dalla veridicità di una notizia, bensì dall’esasperato sensazionalismo a cui abbocca chi non dispone degli strumenti adatti. Perciò, nella virulenta predisposizione allo “stupor” più che alla “ratio”, vengono riesumate usanze che sembravano sepolte dalle ceneri del tempo. Scenari da primordi del Basso Medioevo, governatori di Regione – uno su tutti Vincenzo De Luca – si affidano alla stigmatizzazione dei “porta-seccia” (letteralmente – postilla per i non avvezzi al vernacolo – sobillatori di malasorte) per mascherare il boato mediatico delle eterne incompiute, la colpevole gestione dell’affaire sanitario campano, ad esempio. Segnali di crisi contenutistica? Probabile. Stiamo affrontando un’emergenza per cui il tappeto regionale non è più in grado di nascondere quintali di polvere in disavanzo. Necessario, per infittire la platea dei seguaci, riciclarsi vestendo il grugno dell’istrionico dittatore che tutto può e tutto ottiene.

Ulteriori elementi di un degrado culturale in continua involuzione: la recita serale dell’eterno riposo proferita a riflettori spiegati attraverso le antenne di Canale5. Barbara D’Urso e Matteo Salvini – ispirati dal toccante urbi et orbi di venerdì scorso lanciato dal silenzio di San Pietro al brulicare delle masse sparse – hanno voluto seguire le orme del Santo Padre senza curarsi di aver scritto, più che la Storia, l’ennesima ridicola pagina di un trash propriamente italiano. Contraltare sofferto il fiorire di tutorial caserecci: chi produce accattivanti mascherine colorate (che a poco servono se non a proteggere le mucose dalla polvere che si solleva durante le pulizie di primavera), chi pesca dagli almanacchi familiari i rimedi della nonna, validi per curare i “colpi di freddo” ma non l’incalzare di un morbo che, in tutta la sua complessità, ruba ore di sonno agli esperti. Quelli reali, formatisi su miriadi di libri e non fra i santi e i consigli contadini elargiti dal calendario di Frate Indovino.

Si procede così, di fiore in fiore, di vituperio in bazzecola, intanto l’Europa si sfalda e l’asse carolingio un tempo trainante, ora si riscopre sovraccarico. A farne le spese il bistrattato comparto degli stati mediterranei. Perfino la Merkel, in autoisolamento, concede al conciliabolo dei rappresentanti europei il vuoto simulacro di sé stessa. Disparità ululata che consegna alle macerie la seconda metà di un ‘900 solo a tratti unitario. Non resta che appellarsi alla solidarietà di paesi che per alcuni, fino a ieri, erano considerati ruote di scorta del sentire democratico: Cina, Cuba, Albania, Venezuela. Un nuovo “Comintern” che funge da monito: laddove l’isolazionismo divide, l’internazionalismo crea nuove strade e, si spera, nuove e più potenti cure.

Antoine de SaintExupéry insegna (fra le pagine di un romanzo che fino a qualche tempo fa era declassato a semplice letteratura per ragazzi) che l’essenziale è invisibile agli occhi, è vero. La banalità, però, ha un suo peso specifico, è più appariscente, pericolosa e difficile da debellare, A meno che non si posseggano gli strumenti adatti, la facoltà di saper decidere, volta per volta, di chi fidarsi e chi invece affidare, senza possibilità d’appello, al dimenticatoio della ragione.

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